AREE INTERVENTO

ANSIA E DISTURBI D’ANSIA

 

DISTURBO DI PANICO

 

 

Il panico è definito come uno stato di paura intensa che raggiunge il suo picco solitamente nel giro di dieci minuti. Ciò che cratterizza un  attacco di panico sono i suoi sintomi  ; palpitazioni, sensazione di cuore in gola o tachicardia, sudorazione, agitazione e tremori, sensazione di soffocamento, dolori al petto , disturbi addominali associati spesso a nausea, sensazione di sbandamento o di svenimento, parestesia (intorpidimento o formicolio), derealizzazione (la realtà esterna appare strana o irreale), depersonalizzazione (sensazione di essere staccati dal proprio corpo), sensazione di impazzire o morire. Il disturbo di panico può trovare esordio in qualunque momento della vita, inaspettatamente può comparire senza per forza essere collegato ad un evento o situazione particolare. Può manifestarsi anche mentre si sta compiendo un’azione che prima di allora non aveva mai dato problemi. Concludendo Il disturbo di panico consiste nella comparsa di ripetuti attacchi di panico tipicamente accompagnati dalla paura di un attacco futuro o da cambiamenti nel comportamento atti a evitare situazioni che possono predisporre agli attacchi. La diagnosi è clinica. Attacchi di panico isolati possono non richiedere alcun trattamento. Il disturbo di panico viene trattato con terapia farmacologica, psicoterapia (p. es., terapia dell’esposizione, terapia cognitivo-comportamentale) o entrambe.

 

Le cause che sono alla base dell’insorgenza  del Disturbo di Panico riguardano;

 

L’ ambiente familiare; Alcune circostanze e l’ambiente familiare in cui si cresce può trasmettere il messaggio che  il mondo è un posto pericoloso, che non  si è  adeguatamenti in grado e pronti  ad affrontarlo, ecc. Ad esempio, traumi come la malattia o la morte di un genitore o di un familiare possono creare questo tipo di vulnerabilità all’ansia. Anche i bambini che hanno avuto dei genitori iperprotettivi che, quindi, hanno involontariamente rinforzato il loro senso di vulnerabilità, da adulti potranno provare più  ansia di altri.

 

La predisposizione genetica ; Alcuni individui potrebbero avere  una predisposizione genetica all’ansia e agli attacchi di panico.  Potrebbero avere in famiglia parenti che soffrono di ansia.

 

Lo stress; Durante il corso della vita l’individuo può trovardi dinnanzi a situazioni che non riesce a gestire perché non ha ancora  acquisito le abilità per farvi fronte. Alcuni stress poi sono inevitabili. Tutti incidono sulla nostra ansia.

 

Ecco un breve elenco di fattori stressanti:

  • Prendere o cambiare lavoro
  • Trasferirsi lontano da casa
  • Comprare una casa
  • Sposarsi
  • Avere un figlio
  • Sentirsi intrappolati in matrimoni sbagliati o altre situazioni
  • Morte o malattia di qualcuno che amiamo
  • Grave depressione
  • Un periodo prolungato di stress associato a incertezza circa la propria o altrui salute, stabilità finanziaria e carriera
  • Piccoli cambiamenti, anche positivi, concentrati in un breve lasso di tempo

 

Può succedere che il normale livello d’ansia con cui tutti noi nasciamo, possa aumentare ed esplodere in episodi di panico, più o meno intensi, a seguito, ad esempio, di un evento stressante. L’ansia , infatti, se molto intensa, potrebbe crescere e superare una soglia, oltre la quale si genera un vero e proprio attacco di panico.

I sintomi  tipici  del Disturbo di Panico sono:

  • Palpitazione/tachicardia battiti irregolari, pesanti, agitazione nel petto, sentirsi il battito in gola)
  • Paura di perdere il controllo o di impazzire (ad esempio, la paura di fare qualcosa di imbarazzante in pubblico o la paura di scappare quando colpisce il panico o di perdere la calma)
  • Sensazioni di sbandamento, instabilità
  • Tremori fini o a grandi scosse
  • Sudorazione
  • Sensazione di soffocamento
  • Dolore o fastidio al petto
  • Sensazioni di derealizzazione (percezione del mondo esterno come strano e irreale, sensazioni di stordimento e distacco) e depersonalizzazione (alterata percezione di sé caratterizzata da sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
  • Brividi
  • Vampate di calore
  • Parestesie (sensazioni di intorpidimento o formicolio)
  • Nausea o disturbi addominali
  • Sensazione di asfissia (stretta o nodo alla gola)

Diagnosi di “Disturbo di Panico”; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se vengono soddisfatti i seguenti criteri;

  1. Ricorrenti attacchi di panico inaspettati, con almeno quattro dei seguenti sintomi:
  2. Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia
  3. Sudorazione
  4. Tremori fini o a grandi scosse
  5. Dispnea o sensazione di soffocamento
  6. Sensazione di asfissia
  7. Dolore o fastidio al petto
  8. Nausea o disturbi addominali
  9. Sensazioni di vertigine, di instabilità, di “testa leggera” o di svenimento
  10. Brividi o vampate di calore
  11. Parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)
  12. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi)
  13. Paura di perdere il controllo o di “impazzire”
  14. Paura di morire

Se compaiono meno di quattro sintomi l’attacco viene definito paucisintomatico.

  1. Almeno uno degli attacchi di panico deve essere seguito da un mese (o più) di uno o entrambi seguenti sintomi:
  2. Preoccupazione persistente per l’insorgere di altri attacchi o per le loro conseguenze (es. “impazzire”, perdere il controllo..).
  3. Significativa alterazione disadattava del comportamento correlata agli attacchi (es. comportamenti di evitamento).

 

  1. L’ alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (es. droga, farmaco) o altra condizione medica (ipertiroidismo, disturbi cardiopolmonari).

D. Gli attacchi di panico non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale (es. gli attacchi di panico non si verificano solo in risposta ad una situazione sociale temuta, come nel disturbo d’ansia sociale; in risposta ad un oggetto o situazione fobica circoscritta, come nella fobia specifica..).

 

 

 

 

  • DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO

 

 

 

 

Il disturbo d’ansia generalizzata (GAD) è un disturbo inserito, nel DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) all’interno del capitolo dei disturbi d’ansia ed è caratterizzato dalla presenza di sintomi ansiosi (sia psichici che fisici) che non sono legati ad una causa specifica ma sono appunto “generalizzati”. Lo stato d’ansia è cronico anche se è alternato da momenti di aumento dell’intensità, detti attacchi d’ansia. Chi soffre di disturbo d’ansia generalizzata tende ad essere costantemente in allerta, a preoccuparsi eccessivamente per qualsiasi cosa, evidenziando nel tempo una riduzione significativa della qualità di vita.  Gli individui  che soffrono di disturbo d’ansia generalizzata  vivono   uno stato di costante preoccupazione nei confronti del futuro, insieme ad uno stato di tensione e di inquietudine diffusa che non è in grado di controllare. Infatti gli individui con questo disturbo si descrivono di solito come persone sensibili, tendenti  al nervosismo e alla preoccupazione cronica, detta anche rimuginio, caratteristica cognitiva principale del disturbo d’ansia generalizzato. Il rimuginio è inteso come una catena di pensieri negativi, in forma preminentemente verbale, nei quali il soggetto si concentra sulla natura incontrollabile della preoccupazione e sul suo possibile ruolo nell’evitare gli esiti negativi degli eventi temuti. Ciò che rende la preoccupazione patologica nel disturbo d’ansia generalizzato non è né il contenuto, né il grado con il quale la preoccupazione è riconosciuta come irragionevole, ma piuttosto la percezione che la preoccupazione è eccessiva e incontrollabile. I pazienti con disturbo d’ansia generalizzato percepiscono di avere meno controllo sulle proprie preoccupazioni e riferiscono di avere una più alta proporzione di preoccupazioni non causate da eventi esterni. La maggior parte dei pazienti con disturbo d’ansia generalizzato riconoscono di trascorrere molto tempo della loro giornata preoccupandosi per cose di secondaria importanza. Le loro preoccupazioni tendono a riflettere una vulnerabilità nel senso di minaccia percepito e la mancanza di risorse personali nel fronteggiamento delle situazioni .

Tra le possibili cause che sono alla base dell’insorgenze del disturbo d’ansia generalizzato troviamo:

  • esperienze negative o traumatiche (recenti o passate)
  • esposizione prolungata a fattori stressanti
  • malattie croniche e invalidanti
  • personalità evitanti, introverse e pessimiste

I sintomi  tipici  del  disturbo d’ansia generalizzato sono;

Attivazione e arousal

  • Palpitazioni o battito cardiaco accelerato;
  • sudorazione;
  • tremore o agitazione;
  • secchezza delle fauci (non dovuta a farmaci o disidratazione)

Sintomi che interessano torace e addome

  • Difficoltà a respirare;
  • sensazione di soffocamento;
  • dolore o fastidio al torace;
  • nausea o dolore addominale (come agitazione allo stomaco).

Sintomi che coinvolgono lo stato mentale

  • Sensazione di vertigini,
  • instabilità,
  • svenimento o stordimento;
  • la sensazione di perdere il controllo, di “impazzire” o di svenire;
  • paura di morire.

Sintomi generalizzati

  • Vampate di calore o brividi di freddo;
  • sensazioni di intorpidimento o formicolio;
  • tensione muscolare o dolori e dolori;
  • irrequietezza e incapacità di rilassarsi;
  • sentirsi tesi, nervosi o mentalmente tesi;
  • una sensazione di nodo alla gola o difficoltà a deglutire

Altri sintomi non specifici

  • Risposta esagerata a piccole sorprese o sorpresa;
  • difficoltà di concentrazione o “mancanza di vuoto” a causa della preoccupazione o dell’ansia;
  • irritabilità persistente; difficoltà ad addormentarsi a causa della preoccupazione

 

Diagnosi di “disturbo D’Ansia generalizzata” ; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se vengono soddisfatti i seguenti criteri;

 

A  Ansia e preoccupazioni eccessive ,che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi, a riguardo di una quantità di eventi o di attività (come prestazioni lavorative o scolastiche)

 

B  la persona ha difficoltà nel controllare la preoccupzione

 

C  L’ansia e la preoccupazione sono associate con tre o piu’ dei sei sintomi seguenti

  • irrequietezza
  • facile affaticabilità
  • difficoltà a concentrarsi
  • irritabilità
  • tensione muscolare
  • alterazione del sonno

 

D  L’oggetto dell’ansia e della preoccupazione non è limitato alle caratteristichedi un disturbo di asse I.

 

E  L’ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo o menomazione del funzionamento sociale,lavorativo o di altre aree importanti

 

F  L’alterazione non è dovuta agli effetti fisiologici diretti di una sostanza  o di una condizione medica generale e non si manifesta esclusivamente durante un disturbo dell’umore, un disturbo psicoticoo un disturbo pervasivo dello sviluppo.

AGORAFOBIA

 

 

 

L’Agorafobia è caratterizzata da paura o ansietà riguardo al trovarsi in situazioni o luoghi da cui non si può scappare facilmente o in cui si potrebbe non ricevere aiuto se si sviluppa ansia intensa. Queste situazioni o luoghi vengono spesso evitati o affrontati con grosso disagio. Situazioni che po ssono causare un attacco di agorafobia sono: stare in coda in una banca o alla cassa di un supermercato, stare seduti al centro di una lunga fila di poltrone in un teatro o in un’aula e usare i mezzi di trasporto pubblici, come un autobus o un aereo. Bisogna altresì ricordare che vi sono soggetti  che  sviluppano agorafobia dopo aver manifestato un attacco di panico in una di queste situazioni. Altri individui  possono avvertire disagio in questi contesti e potrebbero non sviluppare mai attacchi di panico o manifestarli solo in una momento successivo. L’agorafobia spesso condiziona la vita quotidiana, talvolta in modo così drastico da confinare le persone dentro casa.

 

Tra le possibili cause che sono alla base dell’insorgenze dell’Agorafobia vi sono;

 

I fattori psicologici

  • Aver vissuto un’esperienza infantile traumatica, come la morte di un parente
  • Lutto o  perdita del lavoro
  • Avere nella propria storia clinica precedente una malattia mentale, come depressione, anoressia o bulimia
  • Avere precedentemente fatto abuso di droga e di alcol
  • Avere una vita di coppia infelice o avere una relazione in cui il partner è in modo eccessivo predominante
  • Paura di essere abbandonati che però è stata rimossa e di cui quindi il soggetto non è consapevole.

I fattori genetici

studi di genetica hanno dimostrato che un predisposizione genetica fa aumentare il rischio di sviluppare un disturbo legato al panico, come l’agorafobia. Una mutazione genetica si verifica quando le normali istruzioni di certi geni si mischiano. Una quantità di mutazioni genetiche specifiche è stata collegata ai disturbi da panico, come una mutazione in un tipo di cellula chiamata linfoblasto. I disturbi legati al panico sono ereditari. Tuttavia, il modo in cui queste mutazioni genetiche contribuiscono a creare i disturbi da panico è incerto e si necessita di ulteriori studi per investigare la relazione tra i geni e i disturbi dovuti all’ansia.

I sintomi  tipici  del  disturbo di “Agorafobia” sono ;

  • Grave senso di angoscia
  • Veri e prorpi attacchi di panico

 

L ‘Agorafobia è in grado di provocare anche reazioni fisiologiche, quali:

  • Battiti accelerati
  • Brividi e pelle d’oca
  • Sudore freddo/Vampate di calore
  • Formicolio/Prurito
  • Nausea e/o Vomito
  • Senso di Svenimento Vertigini
  • Mal di testa
  • Confusione e sensazione di “testa vuota”
  • Difficoltà a respirare (respirazione affannosa, sensazione di soffocamento)
  • Disturbi visivi, come affaticamento degli occhi, distorsioni o illusioni ottiche
  • Fischi alle orecchie
  • Pianto
  • Intorpidimento
  • Urgenza minzionale

Una persona che soffre di Agorafobia può avere paura di situazioni specifiche, come:

  • Trovarsi in uno spazio aperto e ampio (supermercato, parcheggio o ponte);
  • Uscire di casa, se non accompagnati;
  • Aspettare in coda oppure essere tra la folla;
  • Viaggiare sui mezzi pubblici (ad esempio: treni, autobus o aerei);
  • Visitare un centro commerciale;
  • Frequentare luoghi pubblici molto affollati (es. ristoranti, mercati, concerti, cinema e centri commerciali).

Esistono casi, poi, in cui il malessere avvertito è correlato alla paura di situazioni generali, come criminalità, incidenti e malattie.

 

 

Diagnosi di Agorafobia ;  secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se vengono soddisfatti i seguenti criteri;

 

A  Ansia relativa al trovarsi in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile allontanarsi o nei quali non sarebbe possibile aiutonel caso di un attacco di panico inaspettato o sensibile alla situazione o di sintomi tipo panico. I timori agorafobici riguardano tipicamente situazioni caratteristiche che includono essere fuori casa da soli; essere in mezzo alla folla o in coda essere su un punto o viaggiare in autobus, treno o automobile

 

B  Le situazioni vengono evitate o sopportate con molto disagio o con l’ansia di avere un attacco di panico o sintomi tipo panico o viene richiesta la presenza di u ncompagno

 

C  L’ansia o l’evitamento fobico non sono meglio giustificabili da un disturbo mentale di altro tipo

 

 

 

  • DISTURBO D’ANSIA DA SEPARAZIONE

 

 

Il disturbo d’ ansia da separazione (SAD, Separation Anxiety Disorder) è una condizione psicologica in cui la persona affetta mostra un’ansia eccessiva al momento di lasciare la propria casa o di separarsi da persone a cui è particolarmente attaccato (ad esempio genitori, parenti, educatori). L’ansia da separazione è un fenomeno normalmente presente durante la fase di sviluppo neuropsicologico del bambino , che tende però a diminuire dopo i due anni, scomparendo pressapoco prima della pubertà . La persistenza del fenomeno dopo i 5-6 anni causa preoccupazione.L’ansia di separazione può svilupparsi dopo qualche evento di vita particolarmente stressante (es. morte di un parente o di un animale domestico, episodio di ospedalizzazione del bambino o malattia di un familiare, separazione o divorzio dei genitori, cambio di scuola o trasloco ecc.). Per chi soffre di Disturbo d’ansia di separazione ogni motivo o situazione che implica un allontanamento (dai genitori, dal marito o dalla moglie, dall’amico del cuore, dalla propria abitazione ecc.) genera paura e ansia così significative da risultare limitanti nelle scelte di vita, con esiti anche invalidanti. Paura e ansia possono essere associate al timore che accada qualcosa di negativo e irrimediabile ai propri cari durante la lontananza (malattie, morte ecc.) oppure all’idea di poter essere personalmente vittima di incidenti, rapimenti ecc. Ancorché irragionevole, il disagio psicoemotivo associato al Disturbo d’ansia di separazione è così marcato e disturbante da indurre la persona interessata a evitare in tutti i modi di allontanarsi da casa o di restare sola.

 

Tra le possibili cause che sono alla base dell’insorgenze  del Disturbo d’ansia di separazione vi sono;

 

  • Predisposizione genetica

 

  • Profilo psicologico predisponente al disturbo

 

  • Esposizione a traumi o eventi stressanti nell’infanzia e/o negli anni successivi

 

I sintomi  tipici  del  disturbo  d’ansia di separazione possono essere cosi raggruppati;

Sintomi fisici: mal di pancia, vertigini, battito cardiaco accelerato, respiro corto e sudorazione sono solo alcuni dei sintomi ansiosi che il bambino potrebbe sperimentare. La manifestazione del disturbo tende a variare con l’età, tra gli adolescenti, infatti, sono più comuni sintomi come il mal di testa, le palpitazioni, sensazioni di mancanza d’aria e attacchi di panico.

 

Sintomi cognitivi (pensieri ansiosi): I bambini potrebbero non essere in grado di identificare specifici pensieri e paure, limitandosi semplicemente a dire di non voler svolgere un’attività o di non voler assolutamente andare a scuola. I bambini più grandi e gli adolescenti riescono invece a descrivere le loro preoccupazioni come qualcosa di “brutto” che potrebbe accadere a loro o ai genitori.

 

Preoccupazioni comuni sono:

  • “E se succedesse qualcosa di brutto a mamma o a papà?”.
  • “E se mi perdessi?”.
  • “E se la nonna non mi venisse a prendere a scuola?”.
  • “E se mi rapissero?”.
  • “E se mi venisse da vomitare e la mamma non fosse lì per aiutarmi?”.

 

Sintomi comportamentali nei bambini piccoli: pianti, aggrapparsi ai genitori, scatti di rabbia quando anticipano o nel momento in cui avviene la separazione. Difficoltà ad addormentarsi da soli, frequenti incubi di separazione o morte di persone care. I bambini potrebbero pronunciare frasi come:

  • “Ti prego non lasciarmi da solo”.
  • “Mamma dove vai?”.
  • “Ti prego mamma non andare”.

Inoltre potrebbero rifiutarsi di dormire in camera da soli, stare a scuola o partecipare alle attività scolastiche senza che una persona di cui si fidano stia al loro fianco, stare a casa con la baby sitter.

Sintomi comportamentali negli adolescenti: sebbene il disturbo d’ansia da separazione sia più comune nei bambini delle scuole elementari, anche gli adolescenti potrebbero esserne colpiti in momenti di particolare stress come il divorzio dei genitori o la perdita di una persona cara. All’improvviso potrebbero non essere più capaci di:

  • Andare a dormire dai loro amici,
  • Rimanere a scuola senza la presenza di un genitore o di una persona fidata,
  • Andare in gita scolastica,

Utilizzare i mezzi pubblici da solo.

Alcuni segnali d’allarme del disturbo d’ansia da separazione sono;

  • Eccessivo disagio nel momento in cui si prevede o si sperimenta la separazione.
  • Eccessiva preoccupazione che accadere qualcosa di brutto ai genitori.
  • Paura dei ladri, di essere rapiti, di avere un incidente, di essere ammalati.
  • Rifiuto di uscire da casa per andare a scuola.
  • Ripetuti incubi connessi alla separazione.
  • Paura di stare in casa da soli o senza mamma o papà.
  • Rifiuto di dormire da soli o di dormire lontano casa.
  • Ripetute lamentele di sintomi fisici come mal di testa, mal di stomaco, nausea.

 

 

Diagnosi di disturbo d’ansia da separazione ; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se si verificano tre o piu’ criteri dei seguenti

 

A  Ansia inappropriata rispetto al livello di sviluppo ed eccessiva. Che riguarda la separazione da casa o da coloro a cui il soggetto è attaccato, come è evidenziato da tre o piu’ dei seguenti elementi:

 

  1. Ricorrente ed eccessivo disagio quando si prevede o si sperimenta la separazione da casa o dalle principali figure di attaccamento

 

  1. Persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo alla perdita delle figure di attaccamento, o alla possibilità che accada loro qualcosa di dannoso, come malattie, ferite, catastrofi o morte.

 

  1. Persistente ed eccessiva preoccupazione riguardo al fatto che un evento imprevisto comporti separazione dalla principale figura di attaccamento (per es., perdersi, essere rapito/a, aver un incidente, ammalarsi).

 

  1. Persistente riluttanza o rifiuto di uscire di casa per andare a scuola, al lavoro o altrove per paura della separazione.

 

  1. Persistente ed eccessiva paura di, o riluttanza a, stare da soli o senza le principali figure di attaccamento a casa o in altri ambienti.

 

  1. Persistente riluttanza o rifiuto di dormire fuori casa o di andare a dormire senza avere vicino una delle principali figure di attaccamento.

 

  1. Ripetuti incubi che implicano il tema della separazione.

 

  1. Ripetute lamentele di sintomi fisici (per es., mal di testa, dolori di stomaco, nausea, vomito) quando si verifica la separazione dalle principali figure di attaccamento.La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti, con una durata di almeno 4 settimane nei bambini e adolescenti, e tipicamente 6 mesi o più negli adulti.  Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. Il disturbo non è meglio spiegato da un altro disturbo mentale.

 

B  La durata dell’anomalia è di almeno 4 settimane

 

C  L’ esordio  è prima dei 18 anni

 

D  L’anomalia causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, scolastica e lavorativa, o di altre importanti aree del funzionamento

 

E   L’anomalia non si manifesta esclusivamente durante il decorso di un Disturbo Pervasivo dello sviluppo, di Schizofrenia, o di un altro Disturbo Psicotico e, negli adolescenti e negli adulti, non è meglio attribuibile ad un Disturbo di Panico con Agorafobia.

 

 

 

  • FOBIE SPECIFICHE

 

 

La  fobia specifica è la paura e l’ansia per una particolare situazione o oggetto in misura sproporzionata rispetto al rischio o al pericolo reali. La situazione o l’oggetto di solito sono evitati quando possibile, ma se l’esposizione si verifica, si sviluppa immediatamente ansia. L’ansia può intensificarsi fino a raggiungere il livello di un attacco di panico  . I soggetti con fobie specifiche tipicamente riconoscono che il loro timore è irragionevole ed eccessivo. Le fobie specifiche sono i disturbi d’ansia più comuni. Tra le più frequenti fobie specifiche vi sono ; la paura degli animali (zoofobia), delle altezze (acrofobia) e dei temporali (astrafobia o brontofobia).  Vi sono  fobie che vanno ad interferire in maniera importante sulla vita dell’individuo a volte impattando sullo sviluppo sano della sua vita come ad esempio nell’area lavorativa quando le persone che devono lavorare su un piano superiore di un grattacielo hanno paura di ambienti chiusi, luoghi confinati (claustrofobia), quali gli ascensori. Alta fobia piuttosto comune è la paura del sangue (emofobia), delle iniezioni, degli aghi o di altri oggetti appuntiti (tripanofobia o belonefobia), o delle ferite (traumatofobia).  I soggetti con la fobia del sangue, degli aghi o delle ferite, a differenza di quelli con altre fobie o disturbi d’ansia, possono svenire davvero, poiché un riflesso vasovagale eccessivo produce bradicardia e ipotensione ortostatica. Alcune fobie specifiche sono riscontrabili piu’ frequentemente nell infanzia ma tendono a scomparire spontaneamente durante la crescita. Altre fobie invece come abbiamo gia visto, insorgono in epoche successive della vita, ovvero in età adolescenziale o in età adulta.

 

Le fobie non hanno una causa unica, ma sono frutto di una serie di fattori associati tra loro.
Ad esempio possono essere:

  • Associate o conseguenti a un particolare incidente o trauma
  • Risposte o comportamenti appresi da un genitore o da un fratello/sorella
  • Derivare da caratteristiche genetiche, prove scientifiche infatti indicano come alcune persone presentino una tendenza innata ad essere più ansiose di altre

I sintomi del disturbo di Fobia Specifica possono includere:

  • Instabilità
  • Vertigini e stordimento
  • Nausea
  • Sudorazione
  • Aumento dei battiti del cuore (tachicardia) o palpitazioni
  • Mancanza di respiro
  • Tremore
  • Disturbi di stomaco

 

Le fobie specifiche possono essere classificate in diverse tipologie:

  • Tipo situazionale. Nei casi in cui la paura è provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare, guidare, oppure luoghi chiusi (claustrofobia o agorafobia).
  • Tipo animali. Fobia dei ragni (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia degli insetti, fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi, ecc..
  • Tipo ambiente naturale. Fobia dei temporali (brontofobia), fobia delle altezze (acrofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell’acqua (idrofobia), ecc..
  • Tipo sangue-iniezioni-ferite. Fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe, ecc.. In generale, se la paura viene provocata dalla vista di sangue o di una ferita o dal ricevere un’iniezione o altre procedure mediche invasive.
  • Altro tipo. In questo caso la paura è scatenata da altri stimoli come: il timore di situazioni che potrebbero portare a contrarre una malattia ecc. Esiste una particolare forma di fobia che riguarda il proprio corpo o parti di esso che la persona percepisce come sproporzionate, inguardabili, orribili rispetto a come realmente si mostrano (dismorfofobia).

 

Triviamo anche;

 

L’odontofobia  è stata riconosciuta come una vera e propria fobia specifica, le persone con odontofobia sono normalmente portate a rimandare continuamente le cure,.

 

L’ amaxofobia (dal greco antico amaxos, “carro”) è la paura invalidante di guidare un automezzo.

 

L’emetofobia consiste nella fobia specifica  di vomitare o di vedere qualcun altro farlo. Ogni sintomo di malessere viene subito interpretato come un segnale che porterà di lì a poco la persona a vomitare. Spesso la persona controlla ossessivamente tutto ciò che mangia per paura di ingerire cibi che potrebbero provocare il vomito. A differenza di altri disturbi del comportamento alimentare che implicano il controllo del cibo, l’emetofobia non è causata da insoddisfazioni legate al proprio corpo ma da una repulsione verso il vomitare.

 

La Tocofobia consiste in un’ansia intensa legata al parto e può essere primaria se esiste già prima del concepimento o secondaria ad un evento traumatico. 
Quando una specifica ansia, o terrore della morte durante il parto, predomina sull’intera gravidanza ed è così intensa da indurre “evitamento” del parto (tokos) si tratta di uno specifico stato fobico chiamato tocofobia.

 

La gerascofobia  è definita come la paura persistente, anormale e ingiustificata di invecchiare. Essa è generalmente classificata tra le fobie specifiche e può essere associata al timore di restare soli, senza risorse e incapaci di provvedere a se stessi durante la vecchiaia e questo a volte induce al ricorso alla chirurgia estetica.

 

La tripofobia , la condizione di chi prova disgusto, nausea e ansia in risposta a stimoli caratterizzati da forme circolari, come bolle di sapone o buchi di una spugna

 

Diagnosi di Fobia Specifica;  secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se si verificano tre o piu’ criteri dei seguenti

 

A  Paura marcata e persistente, eccessiva  e irragionevole, provocata dalla presenza o dall’attesa di un oggetto o situazione specifica (es. Volare, altezze,animali ecc..)

B  L’esposizione allo stimolo fobico quasi inevitabilmente provoca una risposta ansiosa immediata, che può prendere forma di Attacco di Panico situazionale o sensibile alla situazione. 

C  La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole

D  La situazione fobica viene evitata o sopportata con intensa ansia o disagio

E  L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella situazione temuta interferiscono in modo significativo con la normale routine della persona, con il funzionamento lavorativo  (o scolastico) o con le attività o le relazioni sociali, oppure è presente disagio marcato per il fatto di avere la fobia.

F  Negli individui al di sotto del 18 anni la durata è di almeno sei mesi

G  L’ansia, gli attacchi di panico o l’evitamento fobico associati con l’oggetto o situazione specifici non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale.

 

 

 

  • DISTURBO D’ANSIA SOCIALE/FOBIA SOCIALE

 

 

 

 

Il Disturbo d’Ansia Sociale è una condizione di disagio e paura marcata che un individuo sperimenta in situazioni sociali nelle quali vi è la possibilità di essere giudicato dagli altri, per timore di mostrarsi imbarazzato, di apparire ridicolo o incapace e essere umiliato di fronte agli altri.

Tale disturbo provoca un forte disagio e la compromissione del normale funzionamento individuale e non è attribuibile all’assunzione di sostanze o a un’altra condizione medica. È possibile altresì che l’ansia sia delimitata solamente a un particolare ambito sociale come concerti, discorsi pubblici o gare, soprattutto in soggetti che hanno una professione che può essere compromessa da questa condizione come musicisti, ballerini, atleti, ecc. In questo caso, se l’ansia sociale è limitata a un solo ambito, i soggetti non sono a disagio in altre situazioni sociali nelle quali ad esempio non devono esibirsi.
Chi soffre di ansia sociale tende a manifestare eccessiva riservatezza in pubblico, con una postura corporea solitamente rigida e difensiva. È tipico che chi teme il confronto sociale parli con voce bassa, fatichi a mantenere il contatto visivo, o arrossisca frequentemente. Gli argomenti delle conversazioni possono risultare banali e spesso chi soffre di fobia sociale è riluttante a parlare di sé, ad accettare e fare complimenti. Per questo è anche possibile che individui con ansia sociale tendano a scegliere posizioni lavorative più isolate dal contatto sociale o con assenza di performance pubbliche, fino a limitare le potenzialità o le aspirazioni occupazionali. I giovani impiegano maggiore  tempo per scegliere di vivere da soli e rimangono in media più a lungo a vivere in casa con i genitori.  E’ possibile riscontrare in  soggetti affetti da fobia sociale una marcata tendenza ad assumere alcool o sostanze per automedicarsi, preparandosi ad affrontare le situazioni: per esempio bere alcolici prima di uscire per andare al bar o a una festa con lo scopo di essere più disinibiti o dare l’impressione che il proprio comportamento impacciato sia causato dalle sostanze e quindi esserne giustificati.

 

Le cause; Alcune persone sono timide per temperamento e mostrano propensione alla vergogna molto precocemente da bambini, mentre altre possono vivere le prime esperienze di ansia sociale durante la pubertà. A partire quindi dal proprio temperamento, da questi episodi di ansia, dalle “figuracce” vissute, può innescarsi un timore più ampio di varie situazioni sociali e un evitamento progressivo delle situazioni temute, che possono portare poi allo sviluppo di una più strutturata e più o meno generalizzata fobia sociale.

I sintomi  tipici  del Disturbo d’Ansia Sociale sono:

  • Paura o ansia marcate relative a una o più situazioni sociali nelle quali l’individuo è esposto al possibile giudizio degli altri, come essere osservati o eseguire prestazioni di fronte ad altri.
  • L’individuo teme che agirà in modo tale da essere criticato o manifesterà sintomi di ansia che saranno valutati negativamente.
  • Le situazioni sociali temute provocano quasi invariabilmente paura o ansia.
  • Le situazioni sociali sono evitate oppure sopportate con paura o ansia
  • La paura o l’ansia risultano sproporzionate rispetto alla reale minaccia posta dalla situazione sociale e dal contesto socioculturale.
  • La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti e durano tipicamente 6 mesi o più.

La manifestazione del Disturbo di fobia sociale;

Le persone con Fobia Sociale presentano allarme e disagio in diverse situazioni:

  • Parlare in pubblico
  • Effettuare delle attività sotto lo sguardo altrui (per es. leggere in chiesa o suonare uno strumento musicale; mangiare insieme ad altre persone; firmare un documento davanti a degli osservatori)
  • Utilizzare un bagno pubblico
  • Conoscere nuove persone
  • Esprimere la propria opinione in gruppo
  • Prendere la parola in una riunione

Le preoccupazioni che le persone con fobia sociale sperimentano fanno riferimento al temere che:

  • Le loro prestazioni o azioni appariranno agli occhi degli altri inadeguate e/o ridicole.
  • La loro ansia sarà evidente per il fatto che gli potrebbe capitare di sudare, arrossire, vomitare a causa della tensione, tremare o parlare con voce flebile e incerta e che tutti si accorgeranno di ciò e li osserveranno e giudicheranno.
  • Potrebbero perdere il filo del discorso e non ricordare più nulla di ciò che avevano da dire o che non riusciranno a trovare le parole per esprimersi
  • Potrebbero apparire come una persona debole di carattere, eccessivamente dipendente dal giudizio degli altri, disposta alla sottomissione

I comportamenti maggiormente messi in atto da soggetti affetti da Disturbo di fobia sociale  sono:

  • L’evitamento di situazioni, comportamenti, luoghi, contesti, persone che possono elicitare le situazioni temute.
  • Tentativi di minimizzare e/o nascondere il proprio disagio e la propria ansia (comportamenti protettivi), al fine di non apparire inadeguati (riuscendoci peraltro spesso solo parzialmente o per niente).

Le conseguenze del disturbo

  • Difficoltà ad instaurare nuove conoscenze
  • Conseguenze negative in ambito  lavorativo
  • Difficoltà nelle situazioni di gruppo

 

Diagnosi di Fobia Sociale; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se si verificano tre o piu’ criteri dei seguenti;

 

A  Paura marcata e persistente di una o piu’ situazioni sociali o prestazioni nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L’ individuo teme di agire in modo umiliante o imbarazzante.

B  L’esposizione alla situazione temuta quasi inevitabilmente provoca l’ansia, che può assumere le caratteristiche di un Attacco di Panico causato dalla situazione o sensibile alla situazione.

C  La persona riconosce che la paura è ecessiva ed irragionevole

D  Le situazioni temute sociali o prestazionali sono evitate o sopportate con intensa ansia o disagio

E  L’evitamento, ansia anticipatoria o il disagio nella /e situazioni/i sociali o prestazionale interferiscono significativamente con le abitudini normali della perosna, con il funzionamento lavorativo o con le attività o relazioni sociali, oppure è presente marcato disagio per il fatto di avere la fobia.

F  Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno 6 mesi

G  La paura o l’evitamento non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale e non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale

H  Se sono presenti una condizione medica generale o un altro disturbo mentale ,la paura di cui al criterio A non è ad essi correlabile

 

 

 

  • MUTISMO SELETTIVO

 

Il mutismo selettivo  è un disturbo d’ansia dell’ infanzia, della fanciullezza e dell’ adolescenza riconosciuto dal DSM-IV (quarta versione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) e caratterizzato da una persistente incapacità di parlare in certi contesti (per esempio all’asilo o a scuola) nonostante la capacità di parlare in altri contesti sia preservata (per esempio a casa con i genitori). In alcuni casi più gravi il mutismo persiste anche nell’ambiente familiare anche se questi casi sono rari. Colpisce maggiormente le bambine e si manifesta in genere al momento dell’ingresso alla scuola dell’infanzia o a quella primaria. Il mutismo selettivo, nello specifico, è caratterizzato da una costante incapacità di parlare in situazioni sociali in cui ci si aspetta che si parli, come ad esempio a scuola. Ciò avviene nonostante l’individuo sia in grado di parlare in altri contesti, ed ha conseguenze significative sul rendimento in contesti educativi o lavorativi interferendo con la normale comunicazione sociale. Il disturbo è contrassegnato da un’elevata ansia sociale che si esprime attraverso un’eccessiva timidezza, paura ed imbarazzo sociale, isolamento e ritiro, negativismo, tratti compulsivi e accessi di collera. L’esordio del mutismo selettivo generalmente avviene prima dei cinque anni  ma il disturbo può passare inosservato fino all’inizio della scuola dove l‘interazione sociale aumenta e vengono richieste delle prestazioni, come leggere ad alta voce, che alimentano il disagio.I bambini con mutismo selettivi rifiutando di parlare a scuola subiscono spesso una compromissione educativa o scolastica in quanto gli insegnanti faticano a valutarli in attività come la lettura, o la recitazione di una poesia. In questo modo l’assenza di parola interferisce con la comunicazione sociale nonostante i bambini utilizzino talvolta strumenti non verbali o che non richiedono l’uso del linguaggio per comunicare, come mostrare, indicare ed emettere suoni inarticolati, e nel corso della crescita può determinare un crescente isolamento sociale. In alcuni casi il mutismo funge da strategia compensatoria finalizzata alla riduzione dell’attivazione ansiosa negli incontri sociali, e ciò è stato osservato soprattutto in contesti correlati all’immigrazione in cui il bambino rifiuta di parlare una lingua che non conosce per insicurezza o senso di inadeguatezza.

 

 

Le cause del Mutismo selettivo:

Fattori Psicologici; forte ansia o agitazione il primo fattore scatenante del disturbo è l’ansia, che diventa quindi invalidante e impedisce di vivere in modo sereno la quotidianità. Chi soffre di mutismo selettivo ha difficoltà ad accettare alcune situazioni e tende così a chiudersi in sé stesso. Accade anche nei soggetti che non hanno nessun problema di linguaggio e che, al contrario, quando si sentono a loro agio conversano normalmente.

Fattori Genetici; E’ stato evidenziato che la maggior parte dei bambini affetti da Mutismo Seletivo sono  geneticamente  predisposti a disordine di ansia. Questi bambini hanno inibizioni severe, che rendono loro all’l’ansia più incline.

 Fattori Fisiologici; Studi sul cervello indicano che i bambini con mutismo selettivo hanno una soglia bassa dell’eccitabilità in una parte del loro cervello chiamato amigdala. L’amigdala percepisce il pericolo potenziale, dai segnali inviatele dal sistema nervoso simpatico, In una situazione spaventosa, l’amigdala trasmette una serie di reazioni che aiutano le persone a proteggersi. I bambini affetti da Mutismo Selettivo  percepiscono alcue situazioni quali ad esempio stare seduti nel proprio  banco scolastico , le feste di compleanno e le riunioni come scenari spaventosi, di conseguenza  la loro amigdala percepisce “il pericolo”a   queste situazioni mettendo in atto così uno stato ansioso.

Fattori Comunicativi/Linguaggio; alcune ricerche hanno evidenziato che bambini appartenenti a famiglie multilingue  o che  hanno vissuto in un paese straniero sono piu’ esposti a tale patologia

 

I sintomi che caratterizzano il disturbo da Mutismo selettivo possono essere suddivisi in Psicologici e Fisici

Tra i sintomi Psicologici vi sono;

  • Emozioni forti come imbarazzo,  vergogna,  timidezza e  diffidenza,
  • Ritiro sociale e reazione di freezing
  • Risposta inibitoria
  • Inadeguatezza percepita
  • Pensieri automatici negativi

Tra i  sintomi Fisici ritroviamo ;

  • Mal di stomaco
  • Mal di testa
  • Nausea
  • Manifestazioni di pianto
  • Manifestazioni di collera
  • Palpitazioni cardiache
  • Svenimenti, Tremori
  • Eccessiva Sudorazione.

Caratteristiche dei bambini con mutismo selettivo; I  bambini affetti da mutismo selettivo sono consapevoli della loro difficoltà, provando molta sofferenza e frustrazione perché desiderano fortemente riuscire a parlare e giocare con gli amici. A causa della forte paura che le interazioni sociali suscitano in questi bambini le loro espressioni facciali risultano inespressive, vi è difficoltà a mantenere il contatto visivo con l’interlocutore e elevata sensibilità per l’ambiente circostante. Anche il  linguaggio del corpo è impacciato e goffo quando si rivolge loro attenzione, è tipico di questi bambini voltare la testa o guardare a terra durante una conversazione, toccarsi i capelli (segnale di un elevato livello di ansia) oppure nascondersi.

 

Diagnosi di Mutismo Selettivo; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se si verificano i seguenti criteri

 

A  Incapacità costante di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci sia aspetta che si parli nonostante si sia in grado di parlare in altre situazioni

B L’anomalia interferisce con i  risultati sociali, lavorativi e con la comunicazione sociale in generale

C  La durata dell’anomalia   è di almeno un mese

D  L’incapacità di parlare non è dovuta al fatto che non si conosce o non si è a proprio agio con il modo di parlare richiesto nella situazione sociale

E L’anomalia non è meglio attribuibile da un disturbo della comunicazione e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di altri disturbi.

 

 

  • DISTURBI OSSESSIVI COMPULSIVI E DISTURBI CORRELATI

  DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO

Il disturbo ossessivo compulsivo è caratterizzato da pensieri, immagini o impulsi ricorrenti (ossessioni). Questi innescano ansia/disgusto e “obbligano” la persona ad attuare azioni ripetitive  materiali o mentali (compulsioni) per tranquillizzarsi. Le ossessioni per l’appunto sono pensieri, immagini o impulsi intrusivi e ripetitivi, percepiti come incontrollabili da chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e solitamente giudicate come infondate o eccessive. Le ossessioni del disturbo ossessivo-compulsivo attivano emozioni sgradevoli e molto intense, quali soprattutto ansia, disgusto e senso di colpa. Di conseguenza, gli individui affetti da tale patologia sentono il bisogno di fare il possibile per rassicurarsi e gestire il proprio disagio emotivo, ed è qui che entrano in gioco le compulsioni, dette anche cerimoniali o rituali. Sono comportamenti ripetitivi (come controllare, lavare/lavarsi, ordinare, ecc.) o azioni mentali (pregare, ripetere formule, contare) finalizzati a contenere il disagio emotivo provocato dai pensieri e dagli impulsi che caratterizzano le ossessioni sopra descritte. Le compulsioni diventano facilmente rigide regole di comportamento e sono decisamente eccessive, talvolta bizzarre agli occhi degli osservatori.

 

Cause psicologiche del disturbo ossessivo compulsivo;

Sono due le teorie che ipotizzano cause psicologiche nello sviluppo di un disturbo ossessivo compulsivo. La prima, di tipo comportamentale, fa riferimento al concetto di “condizionamento classico” di Pavlol. Secondo questa teoria uno stimolo neutro (come toccare il pomello di una porta) può, anche solo per casualità, associarsi alla paura di ammalarsi. Una volta instauratasi questa associazione, l’individuo può accorgersi che l’ansia, derivante dal toccare il pomello, può ridursi lavandosi le mani. Il perdurare di questi comportamenti porterebbe ad un rinforzo dell’associazione che determinerebbe lo sviluppo del disturbo ossessivo compulsivo.

La seconda  di natura cognitiva, ipotizza che la causa dei pensieri ossessivi sia legata al modo con cui alcune persone si relazionano con i propri pensieri. Nello specifico farebbero fatica a vedere la differenza tra il pensare ad una cosa e il farla realmente. Sarebbero quindi soggetti portati a crede, ad esempio, che pensare di fare del male a qualcuno sia moralmente deplorevole quanto farlo per davvero. Questo errore cognitivo definito fusione-pensiero-azione sarebbe, secondo questa teoria, una delle principali cause del disturbo ossessivo compulsivo.

 

Cause biologiche del disturbo ossessivo compulsivo

Gli studi eseguiti sui gemelli omozigoti ed eterozigoti hanno evidenziato come una delle cause del disturbo ossessivo compulsivo sia la predisposizione genetica. Ci sarebbe quindi persone che geneticamente sono più predisposte a sviluppare il DOC rispetto ad altre. Studi condotti su famiglie di pazienti con disturbo ossessivo compulsivo hanno dimostrato che i familiari hanno un rischio di sviluppare il disturbo dalle 3 alle 12 volte superiore rispetto alla popolazione generale.

 

I sintomi principali di un disturbo ossessivo compulsivo,si dividono in due grandi categorie. Le ossessioni e le compulsioni.

Ossessioni più comuni

  • Paura dello sporco, con il pensiero che il proprio corpo (spesso le mani) o altri oggetti siano sporchi nonostante numerosi lavaggi.
  • Fobia di  contaminazione, caratterizzata dalla paura che un contatto fisico (ad esempio una stretta di mano) possa portare malattie.
  • Dubbi frequenti su azioni abituali (ad esempio se è stata chiusa la macchina o se si è spento il gas).
  • Ordine e simmetria con profondo disagio se non viene mantenuto un determinato ordine (ad esempio se vengono messi in disordine gli oggetti sopra una scrivania).
  • Paura di perdere il controllo e fare del male a se stessi oppure agli altri.
  • Pensieri di tipo blasfemo.

 

Compulsioni piu’ comuni

  • Pulirsi frequentemente (in particolare fare spesso la doccia o lavarsi ripetutamente le mani).
  • Controllare per fugare i dubbi ossessivi (controllare più volte se si è chiusa la macchina o se si è spento il gas).
  • Mettere in ordine i propri oggetti mantenendo rigidi schemi (ad esempio rispettando la simmetria nella disposizione degli oggetti sulla scrivania).
  • Contare e ricontare oggetti.
  • Compulsioni mentali (ripetere una parola, una frase o una preghiera più e più volte nella propria mente).

 

Il Decorso e le Conseguenze del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)

Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) tende a cronicizzarsi, seppure con fasi di miglioramento che si alternano a fasi di peggioramento, raramente il suo decorso è episodico.Considerando che di solito l’esordio è in età giovanile, si tratta di un disturbo che colpisce prevalentemente persone giovani, dunque con una lunga aspettativa di vita.Dal punto di vista personale il disturbo ossessivo compulsivo può avere gravi conseguenze in termini di costi esistenziali: poiché di solito colpisce in giovane età, rischia di compromettere il corso di studi, la possibilità di lavorare, la normale vita di relazione. Ad esempio spesso le persone con disturbo ossessivo compulsivo (DOC) impiegano molto più tempo a diplomarsi o laurearsi, a volte addirittura rinunciano; nel lavoro spesso devono accontentarsi di mansioni di bassa responsabilità. Si può pertanto affermare che Il disturbo ossessivo compulsivo, riduce notevolmente le capacità di realizzazione esistenziale, riflettendosi negativamente anche sulla qualità e sulla durata delle relazioni amicali e affettive.Dal punto di vista sociale, il fatto che il disturbo tenda a cronicizzare implica costi alti e prolungati in termini di assistenza e di capacità di lavoro (le persone affette da DOC sovente lavorano in modo discontinuo e poco produttivo).Una terza e frequente conseguenza del disturbo riguarda un  peggioramento della vita anche dei familiari: la persona può avere sintomi cosi pervasivi da diventare invalidanti non solo per sé, ma anche da impedire il normale funzionamento della vita dei familiari.

Diagnosi di  disturbo Ossessivo Compulsivo; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se i pazienti manifestano

A Ossessioni o compulsioni

B  In qualche momento nel corso del disturbo la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono ecessive o irragionevoli

C  Le Ossessioni o le compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare tempo (piu’ di un ora al giorno) o interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico) o con le attività o relazioni sociali usuali

D  se è presenti un altro disturbo di Asse I, il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non è limitato ad esso.

E  Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale

 

 

 

TRICOTILLOMANIA (DISTURBO DA STRAPPAMENTO DEI PELI)

La tricotillomania, che il DSM V chiama ora anche “disturbo da strappamento dei peli” (hair-pulling-disorder), è un disturbo correlato al Disturbo Ossessivo Compulsivo che consiste nell’impulso irrefrenabile di tirarsi e strapparsi i capelli o altri peli del corpo (ciglia, sopracciglia, barba, peluria ascellare o pubica ecc.), che a volte può essere seguito da tricofagia, ossia dall’atto di mangiare o masticare gli stessi capelli/peli strappati. Le cause biologiche del disturbo non sono note. Dal punto di vista psicologico, la tricotillomania può essere innescata da un accentuato senso di tensione e ansia, che viene placato dall’atto dello strappo e dal dolore che lo accompagna, oppure da semplice “noia”. Subito dopo aver tirato, “torturato” o strappato capelli/peli, la persona che ne soffre si sente temporaneamente più calma e sollevata. Purtroppo, questo stato di relativo benessere è soltanto transitorio e viene seguito da intenso disagio e senso di colpa, nonché dalla vergogna nei confronti degli altri per gli effetti fisici dell’atto compiuto (capelli rovinati, formazione di aree glabre sul cuoio capelluto o nei punti del corpo oggetto degli strappi, assenza di parti di barba, ciglia o sopracciglia ecc.), quando non celabili con gli indumenti. Talvolta, l’atto di attorcigliare e strappare capelli/peli può iniziare in modo automatico, in situazioni specifiche, per esempio mentre si guarda la televisione, si legge o si lavora al computer. La tricotillomania insorge prevalentemente nell’infanzia o all’inizio dell’adolescenza e può persistere in modo cronico, se non riconosciuta e contrastata. Le forme più lievi possono risolversi spontaneamente durante la crescita, ma la loro durata e le effettive probabilità di attenuazione non sono prevedibili. Il rischio di soffrire di tricotillomania è maggiore se esiste una familiarità per il disturbo o altre patologie psichiatriche, se si tende a sperimentare spesso stati emotivi negativi caratterizzati da tensione, nervosismo, senso di inadeguatezza, solitudine o frustrazione e se si soffre anche di disturbi d’ansia, depressione o DOC. In base alle stime, la tricotillomania interessa circa il 2-4% della popolazione. Le donne ne sono interessate fino a dieci volte più degli uomini, probabilmente a causa di ragioni di ordine psicoemotivo e ormonale.

Le cause della tricotillomania  sono;

  • Basi genetiche: studi hanno evidenziato come la familiarità sia un fattore di rischio per la tricotillomania
  • Ansia e stress prolungati:
  • Eventi stressanti acuti

 

Sintomi della tricotillomania;

  • stato di tensione prima di tirare i capelli o quando si tenta di resistere
  • Senso di piacere o sollievo quando i capelli sono stati strappat
  • Perdita notevole di capelliMordere, masticare o mangiare i capelli strappati
  • Giocare con i capelli tirati via e sfregare le labbra;
  • Tentativo di smettere di strappare i capelli o di farlo il meno possibile senza riuscirci;
  • Disagio al lavoro, a scuola o in altre situazioni sociali.

 

Le conseguenze della tricotillomania sono;

  • Alopecia, ossia il progressivo calo di capelli e peli fino alla scomparsa definitiva
  • Tricofagia ingestione dei peli dopo esserseli strappati
  • Dermatiti a livello del cuoio capelluto e nelle zone target dove vengono strappati i peli
  • Dolore al cuoio capelluto dovuto all’infiammazione dei follicoli piliferi danneggiati dal comportamento compulsivo
  • Danni sociali, infatti le conseguenze fisiche di cui sopra, portano spesso il soggetto a vergognarsi del proprio aspetto fisico (sopratutto dell’alopecia) e a ridurre i propri contatti sociali. Il senso di vergogna e la riduzione dei relazioni possono alimentare il disagio psicologico creando un circolo vizioso di evitamenti.

 

Diagnosi di  Tricotillomania; secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se i pazienti manifestano

  • Strapparsi ricorrentemente i propri capelli, con conseguente perdita degli stessi;
  • Ripetuti tentativi di ridurre o interrompere tale comportamento;
  • Tirarsi i capelli causa disagio clinicamente significativo o compromissione dell’area sociale, lavorativa o di altre aree importanti del funzionamento;
  • Strapparsi i capelli o la perdita dei capelli non è attribuibile ad un’altra condizione medica;
  • Strapparsi i capelli non è meglio spiegato da i sintomi di un altro disturbo mentale

 

 

DISTURBO DA ACCUMULO

Il Disturbo da Accumulo (o disposofobia) consiste nella tendenza a circondarsi di una molteplicità di oggetti e nell’incapacità (o, comunque, in una difficoltà associata a stress considerevole) di separarsi dalle cose che si posseggono a prescindere dal loro valore materiale, dalla loro utilità o dal loro stato di conservazione. Questo istinto alla raccolta e l’attaccamento nei confronti dei beni accumulati va molto al di là della passione tipica del collezionista e se ne differenzia per la mancanza di un interesse focalizzato e consapevole. Qualunque bene deperibile o non deperibile può essere oggetto di accumulo, compresi generi alimentari od oggetti trovati nell’immondizia.Il disturbo da accumulo ha ripercussioni negative sul piano emotivo, fisico, relazionale, sociale, economico e talvolta legale, risultando di norma invalidante a più livelli. Se non contrastato/compensato, il disturbo può portare a riempire di oggetti di ogni tipo tutto lo spazio vitale disponibile nell’abitazione e/o sul luogo di lavoro, fino a rendere gli ambienti inutilizzabili e malsani. Se la persona che ne soffre vive sola, il problema può essere misconosciuto per anni, talvolta con esiti drammatici, specie nel caso di persone anziane, esposte a un maggior rischio di cadute, incidenti e infezioni. Da non trascurare, poi, la possibilità che si verifichino incendi. Nonostante gli esiti eclatanti, la persona che soffre di disturbo da accumulo, di norma, non percepisce come strano o patologico il bisogno di circondarsi di oggetti di ogni genere, ben oltre le capacità di ospitarli degli spazi disponibili.In precedenza, il disturbo da accumulo era ritenuto una possibile espressione di condizioni psichiatriche diverse e poteva essere contestualizzato in una diagnosi di disturbo ossessivo compulsivo, disturbo di personalità ossessivo-compulsiva, disturbo d’ansia non altrimenti specificato, oppure non ricevere nessuna diagnosi specifica. In base alla nuova classificazione prevista dal DSM V, il disturbo da accumulo è considerato una patologia a sé stante, con caratteristiche distintive e da trattare in modo specifico. Questa differenziazione e migliore definizione del disturbo ha lo scopo di favorire la diagnosi e l’inquadramento dei casi, aumentare la consapevolezza sociale del problema e promuovere lo sviluppo di approcci terapeutici più mirati ed efficaci.Il disturbo da accumulo è oggi considerato un disturbo correlato al disturbo ossessivo compulsivo, di cui può condividere alcuni aspetti psicopatologici; tuttavia, in alcuni pazienti i tratti ossessivo-compulsivi nel disturbo da accumulo possono essere del tutto assenti. Circa il 75% delle persone affette da disturbo da accumulo soffre anche di un’altra patologia psichiatrica, soprattutto nell’ambito dei disturbi dell’umore. Una comorbilità con la depressione viene riscontrata nella metà dei casi; altre comorbilità frequenti sono la fobia sociale e il disturbo d’ansia generalizzata.

Cause e fattori di rischio:

•   Personalità; Molte persone con disturbo da accumulo hanno un temperamento timido e sono insicure.

  • Predisposizione familiare; Se un membro della famiglia presenta disposofobia, è più probabile sviluppare il disturbo
  • Eventi stressanti; Spesso, è la componente affettiva che innesca il processo alla base della disposofobia: alcune persone sviluppano la patologia dopo aver sperimentato un evento di vita stressante, affrontato con difficoltà, come la morte di una persona cara, il divorzio, lo sfratto o la perdita di beni in un incendio. Nell’accumulatore seriale, il fatto di avere tutti questi oggetti attorno a sé ha un effetto rassicurante.
  • Isolamento Sociale; Le persone con disturbo da accumulo hanno, in genere, interazioni sociali limitate o tendono ad isolarsi. Si viene a creare, infatti, un processo paradossale: accumulando, chi soffre di disposofobia cerca di colmare una carenza affettiva, ma allo stesso tempo si allontana dagli altri.

 

I sintomi che caratterizzano il  Disturbo da  Accumulo sono;

  • Accumulo seriale
  • Eccessivo attaccamento ai propri beni
  • Difficoltà nell’organizzare le cose
  • Acquisto Compulsivo
  • Forte isolamento

 

Diagnosi di disturbo da accumulo; I criteri diagnostici proposti per il Il disturbo da accumulo sono i seguenti:

A  Persistente difficoltà ad eliminare o separarsi dai propri beni, a prescindere dal loro reale valore

B  Tale difficoltà è dovuta ad un forte bisogno di conservare tali beni e/o al disagio associato alla loro eliminazione

C  I sintomi risultano nell’accumulo di un gran numero di beni che progressivamente ingombrano zone della casa o del posto di lavoro fino al punto in cui la loro destinazione d’uso non è più possibile. Se tali aree tornano ad essere sgombre è dovuto ad interventi di terzi (ad esempio, familiari, imprese di pulizie, autorità).

D I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione nell’area sociale, lavorativa, o in altre importanti aree di funzionamento (incluso il mantenimento di un ambiente sicuro per sé e per gli altri).

E I sintomi di accumulo non sono dovuti a una condizione medica generale (per esempio, danno cerebrale, malattia cerebrovascolare).

F I sintomi di accumulo non sono ascrivibili ad altro disturbo mentale (per esempio, accumulo a causa di ossessioni dovute a Disturbo Ossessivo-Compulsivo, diminuzione di energia dovuta a Disturbo Depressivo Maggiore, deliri nella Schizofrenia o altro Disturbo Psicotico, deficit cognitivi nella Demenza, interessi ristretti nei disturbi dello Spettro Autistico, accumulo di alimenti nella sindrome di Prader-Willi)

 

 

 

  • DISTURBI DELLA NUTRIZIONE E DELL’ALIMENTAZIONE

Il DSM-5 fornisce la seguente definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”. Causati da una serie complessa e molteplice di fattori, i disturbi del comportamento alimentare  esprimono una condizione di profondo disagio e di malessere psicologico. 

       Le  principali cause alla base di tale disturbo sono;

 Insoddisfazione immagine corporea; l’immagine corporea è definita come quell’insieme di percezioni, pensieri ed emozioni che una perosna ha nei riguardi del suo corpo. Non sempre queste percezioni sul proprio corpo hanno un’accezione positiva, a volte non coincidono con la forma corporea ideale a livello soggettivo. Quetsa insoddisfazione fisica rappresenta uno dei principali fattori di rischio e di mantenimento del disturbo in questione. L’aspetto corporeo che dovrebbe essere veicolo che utilizziamo per vivere,comunicare e presentarci al mondo diventa uno scopo,un fine in sè.

Bassa autostima e perfezionismo;  i soggetti con disturbo della nutrizione e dell’alimentazione  mostrerebbero una maggiore tendenza a preoccuparsi per gli errori (perfezionismo patologico) e un minor senso di autostima, misure più elevate di rimuginio ed una scarsa percezione di controllo sugli eventi esterni e sugli stati emotivi interni, rispetto ai soggetti non patologici.

Criticismo percepito ; è un fattore di rischio per lo sviluppo, il rafforzamento ed il mantenimento del disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Il criticismo genitoriale consiste nell’essere costantemente soggetto a critiche da parte di altri considerati significativi, importanti per la persona
studiosi confermano  l’ipotesi secondo la quale il criticismo percepito ,precede il perfezionismo maladattivo nel processo psicologico, portando alla formazione del controllo ossessivo del peso e della forma fisica nella mente delle persone affette da disturbo della nutrizione e dell’alimentazione Il perfezionismo maladattivo è  quindi  una sorta di reazione al forte e profondo  dolore provocato dalle critiche recepite, che a loro volta hanno stimolato, in individui poveri di risorse cognitive e di un sostrato familiare adeguato, lo sviluppo di un controllo o di un discontrollo sul cibo, sulla forma fisica e sulla fatuità del proprio essere. È possibile altresì ritenere  che il criticismo percepito possa essere il fattore razionale che facilita la trasmissione transgenerazionale del perfezionismo in soggetti con disturbo alimentare

 I disturbi alimentari sono quindi caratterizzati da comportamenti alimentari patologici e/o comportamenti di controllo del peso e delle forme del proprio corpo. Spesso le preoccupazioni verso il corpo sono influenzate dal genere, negli uomini le preoccupazioni sono frequentemente rivolte ad un corpo percepito come poco muscoloso o mascolino, mentre spesso nelle donne le preoccupazioni sono rivolte alla perdita di peso  Anche se è possibile osservare casi opposti.

I disturbi alimentari sono caratterizzati da comportamenti specifici come:

eccessiva preoccuapzione per il proprio peso

eccessiva preoccuapzione per la propria forma fisica

calo del consumo di cibo

diete

abbuffate

vomito

abuso di diuretici, lassativi o pilloleper dimagrire

I disturbi dell’alimentazione più diffusi sono:

Anoressia

Bulimia

Disturbo da Binge-Eating

Pica

Disturbo da ruminazione

Disturbo evitante restrittivo dell’assunzione di cibo

 

disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e controllo

I soggetti affetti da disturbo alimentare sentono di non essere capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e gli eventi in generale. Per ottenere la percezione del controllo  sono disposti a confinare le loro vite entro un’esperienza ridotta, circoscritta all’alimentazione e alle dimensioni corporee. Tuttavia, sebbene la gestione dell’alimentazione e delle dimensioni corporee offra in un primo momento l’attrattiva di una qualche possibilità di controllo, alla fine li condanna a un’esistenza isolata e insana (Button 1985; 2005). La tendenza al controllo viene investita totalmente sull’alimentazione quasi per dimostrare a se stessi di aver comunque una forma di “controllo” e di “autocontrollo” che ha un potente effetto manipolatorio sugli altri e in particolare sui familiari.

disturbi della nutrizione e dell’alimentazione associazione con altri disturbi psico-fisiologici

I disturbi dell’alimentazione possono presentarsi in associazione ad altri disturbi psichici come ad esempio disturbi d’ansia e disturbi dell’umore. Lo stato di salute fisica è quasi sempre compromesso a causa delle alterate condotte alimentari (per esempio restrizione alimentare, eccessivo consumo di cibo con perdita di controllo, condotte di eliminazione e/o compensatorie) che portano ad alterazione dello stato nutrizionale. Se non trattati in tempi e con metodi adeguati, i disturbi dell’alimentazione possono diventare una condizione permanente e compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico ecc.) e, nei casi gravi, portare alla morte. Ovviamente un esordio precoce può associarsi a   conseguenze molto più gravi sul corpo e sulla mente. Un esordio precoce può infatti comportare un rischio maggiore di danni permanenti secondari alla malnutrizione, soprattutto a carico dei tessuti che non hanno ancora raggiunto una piena maturazione, come le ossa e il sistema nervoso centrale.

 

 

 

ANORESSIA

L’anoressia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare  caratterizzato da incessante ricerca di magrezza, immagine distorta del corpo, paura estrema dell’obesità e limitazione del consumo di cibo, che portano a un peso corporeo significativamente basso. L’anoressia nervosa di solito esordisce nel corso dell’adolescenza ed è più comune tra le donne. Le persone con anoressia nervosa limitano il consumo di cibo nonostante la continua perdita di peso, sono assillate dal pensiero del cibo e possono negare di avere un problema. E’ importante evidenziare che  un calo ponderale rapido o grave può avere conseguenze potenzialmente fatali. L’anoressia nervosa solitamente compare durante l’adolescenza o nei giovani adulti, raramente prima della pubertà o dopo i 40 anni. In un dato anno, fino a 1 ragazza su 200 si ammala di anoressia nervosa. L’anoressia nervosa è meno comune nel sesso maschile. L’anoressia nervosa può essere lieve e transitoria oppure grave e persistente. Dal 30 al 50% delle persone con anoressia nervosa si abbuffa e/o poi si libera del cibo ingerito vomitando o prendendo lassativi. Il resto riduce semplicemente la quantità di cibo ingerito. Spesso mentono riguardo alla quantità di cibo assunto e nascondono il vomito e abitudini alimentari particolari. Alcune assumono anche diuretici (farmaci che provocano una maggiore escrezione di acqua dai reni) per ridurre il gonfiore percepito e cercare di perdere peso.

Le  principali cause dell’Anoressia nervosa sono;

  • ossessiva sopravvalutazione dell’importanza della propria forma fisica
  • componente di familiarità (studi transgenerazionali e sui gemelli hanno dimostrato che i disordini alimentari si manifestano con più probabilità tra i parenti di una persona già malata, soprattutto se si tratta della madre)
  • l’influenza negativa da parte di altri componenti familiari e sociali, la sensazione di essere sottoposti a un eccesso di pressione e di aspettativa
  • essere fortemente trascurati dai propri genitori
  • sentirsi oggetto di derisione per la propria forma fisica

 

Sintomi caratterizzanti l’Anoressia; I primi segni del disturbo anoressico si manifestano con una leggera preoccupazione per la dieta e il peso corporeo. Queste preoccupazioni appaiono ingiustificate dato che, nella maggior parte dei casi, si tratta di persone non significativamente in sovrappeso all’esordio del disturbo. Preoccupazione e ansia per il peso si intensificano con l’ulteriore perdita di peso. Perfino in presenza di dimagrimento eccessivo, tali soggetti sostengono di essere obesi, negano fermamente di avere un problema, non si lamentano per la perdita di peso e solitamente rifiutano ogni genere di cura. Cercano continuamente di perdere peso anche se amici e familiari li rassicurano sulla loro magrezza o li avvertono che stanno dimagrendo troppo. Le persone affette da anoressia nervosa considerano l’aumento di peso come un’inaccettabile insufficienza di autocontrollo. Un sintomo tipico delle donne affette da anoressia è l’interruzione del ciclo mestruale , talvolta anche prima di aver perso molto peso. Il calo del desiderio avviene invece sia nell’uomo che nelle donne. L’anoressia nervosa presenta anche dei problemi fisici assolutamente importanti da non sottovalutare,come ad esempio  bradicardia e ipotensione, inoltre le persone colpite da anoressia nervosa possono sviluppare ipotermia, peluria sottile sul corpo oppure un eccesso di peluria sul corpo e sul volto. I tessuti si gonfiano in seguito ad accumulo di liquido (edema). Il soggetto spesso riferisce gonfiore, malessere addominale e stipsi. Il vomito autoindotto può corrodere lo smalto dei denti, provocare ingrossamento delle ghiandole salivari nelle guance (ghiandole parotidi) e causare infiammazione all’esofago.I cambiamenti ormonali dovuti all’anoressia nervosa comprendono una netta riduzione dei livelli plasmatici di estrogeno (nelle donne), di testosterone (negli uomini), e degli ormoni tiroidei e l’aumento dei livelli di cortisolo. In caso di grave malnutrizione, è probabile che siano interessati tutti gli organi principali del corpo. La densità ossea può diminuire, aumentando il rischio di osteoporosi. Le alterazioni cardiache e gli scompensi del bilancio idrico ed elettrolitico (come sodio, potassio e cloro) sono tra i problemi più pericolosi. La depressione è frequente. Infatti, il deperimento fisico, unito alla ridotta qualità di vita e alle difficoltà relazionali, può favorire lo sviluppo di stati depressivi clinicamente rilevanti, irritabilità, insonnia e ritiro sociale. Nelle forme di anoressia caratterizzate da abbuffate e condotte di eliminazione può essere presente una maggior tendenza all’abuso di alcol e sostanze.

Gli individui affetti da Anoressia e “false credenze”; anche se anoressia letteralmente significa “mancanza di appetito”  in realtà, la maggior parte dei soggetti affetti da anoressia nervosa ha fame. Molti non perdono l’appetito finché non sono estremamente emaciati. I pazienti continuano a percepire lo stimolo della fame e sono ossessionati dal pensiero del cibo. Si può erroneamnete pensare che le persone affette da anoressia vista lo scarso apporto nutrizionale siano persone bradipose e fortemente statiche al contrario gli anoressici, anche se molto magri, tendono a rimanere attivi e spesso svolgono un’intensa attività sportiva per controllare il peso corporeo. Tuttavia, fino a quando non compaiono i segni del deperimento fisico, manifestano pochi sintomi di deficit nutrizionale.

Anoressia e negazione”; Il soggetto affetto da anoressia nervosa di solito nega di avere un problema e cerca di nascondere le proprie insolite abitudini alimentari piuttosto che chiedere aiuto. Le persone  anoressiche non ritengono di avere problemi e anzi considerano il proprio comportamento logico e coerente; sostengono di stare bene e di non vedere nulla di cui preoccuparsi.  Dato che molti soggetti con anoressia nervosa sono meticolosi, compulsivi e intelligenti, con livelli di rendimento scolastico o lavorativo particolarmente elevati, un disturbo del comportamento alimentare può facilmente passare inosservato. Per questo motivo, i familiari e gli amici possono non accorgersi del disturbo finché non diviene grave.

Alcune indicazioni per riconoscere il comportmento del soggetto anoressico;

  • si lamenta di essere grasso anche se è molto magro
  • nega di essere magro
  • pensa continuamente al cibo
  • misura gli alimenti
  • accumula, nasconde o butta via il cibo
  • prepara cibi elaborati per altri
  • salta i pasti
  • finge di mangiare o mente sulle quantità ingerite
  • svolge attività fisica in modo compulsivo
  • veste con abiti larghi o in più strati
  • si pesa diverse volte al giorno
  • basa la propria autostima sulla magrezza

Diagnosi di Anoressia; I criteri diagnostici per la diagnosi di Anoressia citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

A   Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l’età e la statura

B  Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso

C  Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui i livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di peso

D  Nelle femmine dopo il manarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi

 

 

 

BULIMIA

La bulimia è uno dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Si caratterizza per l’eccessiva assunzione di cibo, le cosiddette abbuffate, seguite da episodi volti a liberarsi della quantità di cibo ingerita, con metodi quali il vomito autoindotto o l’uso di lassativi. Questa patologia è difficile da riconoscere in quanto spesso le persone affette presentano un peso corporeo nella norma. I soggetti con bulimia nervosa tipicamente si vergognano delle loro abitudini alimentari patologiche e tentano di nasconderle. Le crisi bulimiche avvengono in solitudine: quanto più segretamente possibile. L’episodio può essere più o meno pianificato, ed è di solito caratterizzato (anche se non sempre) dalla rapidità dell’ingestione del cibo. L’abbuffata spesso continua finché l’individuo bulimico non si sente “così pieno da star male”. E’ caratterizzata da stati di umore negativo, condizioni interpersonali di stress, intensa fame a seguito di una restrizione dietetica. Oppure da sentimenti di insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo.

Le  principali cause e fattori di rischio alla base del disturbo Bulimico sono;

  • Tendenza all’impulsività, sregolatezza emotiva
  • Storia personale di abusi o traumi
  • Insoddisfazione per il proprio corpo
  • Scarsa autostima e autoefficacia

 

Tra i  principali sintomi  alla base del disturbo Bulimico vi sono;

  • Le abbuffate compulsive
  • Le condotte compensatorie

Bulimia e perdita di controllo; l’attacco bulimico (abbuffata)  è caratterizzato da una sensazione di perdita di controllo. La perdita di controllo, l ‘irrefrenabile bisogno di ingurgitare cibo   diventare un rifugio emotivo per proteggersi dalle difficoltà della vita, da situazioni di complicata gestione a livello sentimentale e/o relazionale che vengono vissute con preoccupazione. La paura di perdere il controllo delle proprie emozioni crea le premesse per poterlo perdere nei confronti del  cibo. Le pazienti bulimiche, come gia detto,  possono mostrare una notevole difficoltà nel controllo e nella gestione degli impulsi che possono manifestarsi anche con  con comportamenti poco sani come farsi dei piccoli tagli o delle bruciature sulla pelle, adottare un comportamento sessuale promiscuo, far uso di alcool o di droghe, mettersi in situazioni pericolose.

Comportamenti compensatori e sensi di colpa; Come già detto una caratteristica essenziale della bulimia nervosa è il frequente ricorso a comportamneti compensatori inappropriati. L’individuo bulimico ha una  sofferenza interiore che devasta la sua  psiche,pertanto proietta nel cibo  il disagio del Sé. Il paziente bulimico ingurgita il mondo, metaforicamente la madre, la vuole, la brama ma subito dopo se ne deve liberare, provando un senso di colpa atroce per aver ceduto, e spinta da una urgenza di espiazione, inscena il rituale purificatorio attraverso il vomito o altre condotte di eliminazione quale digiuno per giorni dopo le abbuffate o pratiche sportive compulsive e estenuanti. L’individuo affetto da bulimia  si sente in colpa, si vergogna di aver ceduto, di aver permesso al mondo di entrare attraverso il cibo. La sua imperfezione si trasformerà in grasso se non evacuerà il cibo. Urge purgarsi, svuotarsi, punirsi, altrimenti il mondo saprà. Vergogna, senso di colpa e paura diventano emozioni predominanti per tali soggetti.Paura di non riuscire più a fermarsi. Si ha la sensazione di precipitare in un abisso infinito, e la netta percezione che tutto il cibo del mondo non basterà a placare il vuoto, la voragine in cui ci si trova. I rituali della bulimica sono compiuti in un vuoto affettivo e sociale che la isolano dal resto del mondo. Depressione e fasi di eccessiva euforia si alternano. Spesso la sofferenza della Bulimica è talmente atroce e i sensi di colpa insopportabili, che essa arriva all’autolesionismo estremo procurandosi tagli ripetuti, inducendo in abuso di sostanza, e comportamenti estremi rischiosi per la vita, come eccessiva velocità, incuranza nei rapporti sessuali promiscui, e altre condotte che denotano un’attitudine di sfida alla vita, tipiche del disturbo Borderline di personalità

Effetti collaterali dei comportamenti compensatori; Il frequente ricorso a inappropriati comportamenti compensatori, come piu’ volte detto, è tipico del “modus operandi” del paziente bulimico. Tra i metodi, quello più frequentemente adottato è l’autoinduzione del vomito, quest’ultimo riduce la sensazione di malessere fisico, oltre alla paura di ingrassare.La persona affetta da bulimia si abbuffa per poter vomitare, oppure vomita anche per piccole quantità di cibo. In genere, nelle fasi avanzate del disturbo questi soggetti riescono a vomitare a comando.Altre condotte di eliminazione dei pazienti bulimici sono rappresentate dall’uso inappropriato di lassativi e diuretici.L’uso di lassativi è presente in un terzo dei soggetti che presentano i sintomi della bulimia nervosa. Raramente è presente anche uso di clisteri subito dopo l’abbuffata, ma non è mai la sola condotta di eliminazione.Altre misure compensatorie per le abbuffate sono il digiuno nei giorni successivi o l’esercizio fisico eccessivo. Il frequente ricorso a tali condotte di eliminazione può produrre alterazioni fisiche piuttosto serie dell’equilibrio elettrolitico e dei fluidi. Tra i più frequenti vi sono: ipopotassiemia , iponatriemia,ipocloremia. La perdita di succo gastrico acido attraverso il vomito può produrre alcalosi metabolica (aumento del bicarbonato sierico). L’abuso di lassativi per indurre diarrea può invece provocare acidosi metabolica.Il vomito ripetuto può condurre ad una cospicua e permanente perdita dello smalto dentale, specialmente a livello delle superfici linguali dei denti incisivi. Questi denti diventano scheggiati, intaccati, e “tarlati”. Inoltre si può avere un aumento della frequenza delle carie. In alcuni individui le ghiandole salivari, in special modo le parotidi, possono marcatamente ingrossarsi. Il disturbo è autoperpetuante. E’ cioè costituito da un meccanismo con numerosi elementi che, oltre essere espressione diretta del disturbo, rappresentano dei fattori di mantenimento. Gli esffetti collaterali nocivi della bulimia nervosa non riguardano solo l’area fisica ma anche sociale e psicologica. La patologica attenzione al cibo, al peso corporeo e alle sue forme, riduce gli interessi e le attività, alimenta scarsa autostima e altera lo sviluppo sano della personalità. Anche la la sfera sociale e relazionale della persona viene compromessa.  Tra i problemi psicologici si possono evidenziare: crisi d’ansia,  depressione,disturbi bipolari (con alternanza di stati depressivi ed esaltazione maniacale), disturbo della personalità sopratutto di tipo boderline, dovuti ad una instabilità emotivaed affettiva, disturbo da abuso di sostanze o alcool.

Diagnosi di Bulimia; I criteri di riferimento per diagnosticare la Bulimia citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive. Un episodio di abbuffata compulsiva è caratterizzato da: – mangiare, in un periodo circoscritto di tempo (p.e. entro un paio d’ore), una quantità di cibo che è indubbiamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso arco di tempo in circostanze simili – un senso di mancanza di controllo sul mangiare durante l’episodio (p.e. sentire di non poter smettere o controllare cosa o quanto si sta mangiando).

A  Ricorrenti abbuffate

B   Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenirel’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi,diuretici, enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo

C  Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settiman, per tre mesi

D  I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal pesocorporeo

E  L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa

 compulsive e i comportamenti impropri di compenso si verificano in media almeno una volta a settimana per almeno tre mesi.

 

 

 

DISTURBO DA ALIMENTAZIONE INCONTROLLATA (BINGE-EATING DISORDER)

ll disturbo da alimentazione incontrollata è caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, con una sensazione di perdita di controllo. Non è seguito da comportamenti compensatori inadeguati, come il vomito autoindotto o l’abuso di lassativi Il disturbo da alimentazione incontrollata colpisce circa il 3,5% delle donne e il 2% degli uomini nella popolazione generale durante la loro vita. Il  disturbo da alimentazione incontrollata si manifesta più comunemente tra le persone sovrappeso ed obese e contribuisce a un eccessivo apporto calorico. Le persone  con disturbo da alimentazione incontrollata sono per lo  più anziane e più frequentemente maschi. Durante un episodio di abbuffata, avviene un consumo di una quantità di cibo più grande rispetto a quanto la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili. Durante e dopo un’abbuffata, le persone si sentono come se avessero perso il controllo. L’abbuffata non è seguita da epurazione (vomito indotto, abuso di lassativi, diuretici o clisteri), esercizio fisico eccessivo e/o digiuno. L’abbuffarsi si verifica in episodi; non comporta un eccesso di cibo costante (“spizzicare”).

Le  principali cause  alla base del disturbo da alimentazione incontrollata sono;

  • Fattori genetici, non sono molti gli studi sulle influenze genetiche nel Binge Eating Disorder, ma alcuni dati indicano che la prevalenza del disturbo è più elevata in individui che hanno almeno un parente di primo grado che soffre di questa stessa patologia (60%), rispetto a famiglie in cui questa è assente (5%).
  • Fattori neuroendocrini, da anni la ricerca si è focalizzata anche sulla possibile influenza dei fattori ormonali nella patogenesi delle abbuffate, tra questi i più scrutati sono l’insulina, l’adiponectina, la leptina e la grelina, ed i cannabinoidi.
  • Fattori evolutivi ed affettivi , difficili esperienze di vita infantile,la presenza di  disturbi depressi nei genitori,
  • Fattori sociali, tra i fattori psicosociali in grado di influenzare l’insorgenza della malattia si sono evidenziati maggiormente la preoccupazione e l’insoddisfazione per l’immagine corporea o il peso ed il frequente ricorso a diete dimagranti. Da alcuni studi è estato riscontrato che i  Binge Eating Disorder hanno un livello culturale più basso.

Tra i  principali sintomi  alla base del disturbo  da alimentazione incontrollata vi sono;

  • Aumento dell’appetito
  • Colica
  • Comportamento Impulsivo
  • Crampi addominali
  • Desiderio di cibo salato
  • Dolore addominale
  • Iperfagia
  • Meteorismo Funzionale
  • Pesantezza allo stomaco
  • Stomaco gonfio

Tra i sintomi psicologici e psichiatrici vi sono:

  • Disturbi dell’umore (depressione, mania, disturbo bipolare)
  • Disturbi d’ansia
  •  Disturbi di personalità (Borderline, Istrionico, Antisociale, Narcisistico).

 

Tra i Rischi associati al disturbo da alimentazione incontrollata troviamo;

  • Obesità
  • Diabete
  • Alti livelli di colesterolo (ipercolesterolemia)
  • Elevata pressione sanguigna (ipertensione)
  • Rischio di malattie cerebro-cardiovascolari come ictus e infarto
  • Osteoartrite, malattia che causa dolore e gonfiore alle articolazioni
  • Alcuni tipi di cancro, come il cancro del seno e dell’intestino

 

Diagnosi di disturbo da alimentazione incontrollata; I criteri di riferimento per diagnosticare  isturbo da alimentazione incontrollata citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

 

A  Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive

B  Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre (o più) dei seguenti sintomi: 

  • mangiare molto più rapidamente del normale
  • mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni
  • mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati
  • mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando

    sentirsi disgustati verso se stessi, depressi, o molto in colpa dopo le abbuffate

 

C  È presente un disagio marcato rispetto al mangiare senza controllo

 

 D Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, in media, almeno una volta a settimana per tre mesi consecutivi.

 

E  L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (per es., uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico) e non si verifica esclusivamente in corso di Anoressia Nervosa o di Bulimia Nervosa.

 

 

PICA

La pica, anche denominato allotriofagia, è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dall’ingestione continuata nel tempo di sostanze non nutritive (terra sabbia, carta, gesso, legno, cotone, etc.).  L’ingestione di sostanze non alimentari si deve protrarre per un periodo di almeno un mese ed è inappropriata rispetto al livello di sviluppo (generalmente in bambini più grandi di 18- 24 mesi) La diagnostica della pica non è applicabile a individui appartenenti a culture che accettano tale pratica, a bambini o adulti affetti da disabilità intellettiva, disturbo dello spettro autistico, schizofrenia o altra condizione medica, ad eccezione dei casi in cui il comportamento d’ingestione è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica. La sindrome interessa talvolta anche le donne incinte, le quali desiderano cibi inappropriati, come per esempio carne cruda e ghiaccio. Alla base della pica vi è quasi sempre un’anemia da carenza di ferro, e il disturbo regredisce con la correzione della carenza o, nel caso delle donne incinte, col termine della gravidanza. Le persone che soffrono di pica potrebbero incorrere nel rischio dell’ingestione accidentale di veleni. Per i bambini, che imparano a conoscere il mondo, mettendo le cose in bocca, la pica è davvero abbastanza comune.
Dal punto di vista evolutivo, i neonati hanno un periodo di crescita in cui mettono in bocca tutto ciò che trovano. Quando un bambino ha superato questo stadio dello sviluppo e comincia improvvisamente a mangiare prodotti non alimentari, ci può essere un problema, in questo caso bisogna individuare la causa ed eliminarla.

 

Le  principali cause  del disturbo di Pica possono essere ritrovate all’interno di due teorie  la  teoria nutrizionale e una teoria fisiologica. La teoria nutrizionale suggerisce che gli enzimi del cervello che regolano l’appetito, alterati da una carenza di ferro o zinco, innescano voglie specifiche. Tuttavia, gli elementi non alimentari di solito non soddisfano la carenza di minerali nel corpo della persona. La teoria fisiologica dichiara che mangiare l’argilla o la sporcizia contribuisce ad alleviare la nausea, a controllare la diarrea, all’aumento della salivazione, ad eliminare le tossine e ad alterare l’odore o la percezione del sapore durante la gravidanza. Le altre cause possono essere la carenza di ferro, zinco, calcio e altre sostanze nutritive (tiamina, niacina, vitamine del gruppo B e C). Anche gli eventi traumatici sono associati con lo sviluppo della pica. Eventi comuni che potrebbero causare l’insorgere della pica includono la separazione dei genitori, la negligenza dei genitori, la mancanza d’interazione genitore-figlio e gli abusi sui minori. La pica può avere una base psicologica e può anche cadere nello spettro dei disturbi ossessivi-compulsivi, dove essa assume la forma di un comportamento compulsivo. Le persone con questo disturbo talvolta sviluppano il disturbo come meccanismo di coping  (vale a dire la capacità di fronteggiare situazioni difficili). La pica ha una maggiore incidenza sugli individui che hanno  una diagnosi di fondo che coinvolge il funzionamento mentale, queste diagnosi sono: condizioni psichiatriche come la schizofrenia, lo sviluppo di disturbi mentali tra cui l’autismo e le condizioni con ritardo mentale. Queste condizioni non sono caratterizzate dalla carenza di ferro, che supporta la componente psicologica nella causa della pica . Le persone con disabilità dello sviluppo hanno questo disturbo a causa della loro incapacità di discriminare i prodotti alimentari e non alimentari.

Tra i  principali sintomi  alla base del disturbo  da Pica vi sono;

  • Ostruzione intestinale (p. es., crampi importanti, stitichezza)
  • Avvelenamento da piombo
  • Infestazione parassitaria

 

 

 Le conseguenze del disturbo di Pica ; La Pica può avere conseguenze molto pericolose sulla salute fisica. Le più frequenti sono: 

  • Scompensi nell’introito calorico(coloro che mangiano amido ad esempio aumentano le calorie ingerite, mentre coloro che si nutrono di ghiaccio o altre sostanze nutrizionalmente “inerti” vanno incontro a gravi insufficienze); 
  • Carenze nutrizionali(che possono aggravare quelle eventualmente preesistenti che hanno originato il comportamento, il caso più frequente è la carenza di ferro);
  • Avvelenamenti;
  • Ostruzioni/perforazioni intestinali

 Diagnosi di Pica; I criteri di riferimento per diagnosticare  disturbo da Pica citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

A   persistente ingestione di una o più sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili per un periodo di almeno un mese

B  L’ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili deve essere inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo

C   L’ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili non deve far parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata

D Se il comportamento d’ingestione si manifesta esclusivamente nel contesto di un altro disturbo mentale, si dovrebbe porre una diagnosi separata di pica solo se il comportamento d’ ingestione è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica

 

 

 

DISTURBO DA RUMINAZIONE

 

Anche detto mericismo, il Disturbo da Ruminazione, si caratterizza per il continuativo rigurgito del cibo per almeno 1 mese. Di solito è un comportamento quotidiano. Il cibo, prima ingerito, anche parzialmente digerito, viene rigurgitato in bocca, può essere poi rimasticato, ringoiato o sputato, senza nausea o disgusto o conati di vomito.La funzione del comportamento appare autoconsolatoria e di autostimolazione. Per la diagnosi di mericismo è necessaria l’esclusione di condizioni gastrointestinali associate quali il reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro, gastroparesi, ernia itale o il decorso di altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, dove il rigurgito con eliminazione sono una modalità di smaltimento delle calorie ingerite.

L’esordio è lungo l’intero arco della vita soprattutto in soggetti con disabilità intellettiva; in questo caso viene apposta la diagnosi di disturbo da ruminazione solamente in presenza di un quadro clinico importante, come anche in comorbilità di un altro disturbo mentale. In età infantile compare solitamente fra i 3 e 12 mesi, andando frequentemente incontro a remissione spontanea; si manifesta con l’incapacità di raggiungere gli aumenti di peso previsti; rara è la malnutrizione grave.

Il decorso può essere episodico o continuativo.I soggetti affetti da questo disturbo rigurgitano il cibo ripetutamente dopo aver mangiato, normalmente tutti i giorni. Possono non presentare nausea e non avere conati di vomito involontari. Il soggetto può rimasticare il cibo rigurgitato, quindi sputarlo o inghiottirlo di nuovo. Alcuni soggetti con disturbo da ruminazione sono consapevoli che il comportamento socialmente inaccettabile e cercano di dissimularlo o di occultarlo. Infatti, alcune persone  evitano di mangiare in pubblico e non mangiano prima di lavorare o di svolgere un’attività sociale, in modo da non dover rigurgitare davanti ad altri.

Tra le  principali cause  del disturbo da Ruminazione vi sono;

  • Problemi psicosociali come una scarsa stimolazione ambientale
  • L’ abbandono
  • Eventi di vita stressanti
  • Relazione genitori-bambino

 I principali sintomi  del disturbo da Ruminazione  sono;

  • Erosione indotta dagli acidi dell’esofago e dello stomaco
  • Alitosi
  • Malnutrizione
  • Grave perdita di peso
  • Appetito inestinguibile
  • Dolore addominale
  • Erosione dello smalto dentale (causato dal rigurgito)

 

 Comportamenti piu’ comuni messi in atto  dal soggetto affetto da disturbo da Ruminazione per mascherare la sua patologia ;

  • Mettersi una mano davanti la bocca;
  • Tossire;
  • Evitare di mangiare in pubblico;
  • Evitare di assumere cibo prima di un’attività sociale;
  • Evitare la colazione (paura di poter vomitare al lavoro).

 

Diagnosi di disturbo da Ruminazione; I criteri di riferimento per diagnosticare  disturbo da Pica citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

A  Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato.

B  Il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o a un’altra condizione medica (per es., reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro)

C  il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.

D  Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – o altro disturbo del neurosviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

 

 

 

DISTURBO EVITANTE-RESTRITTIVO DELL’ASSUNZIONE DI CIBO

Il disturbo di Assunzione di cibo evitante/restrittivo è caratterizzato dal limitare l’assunzione di cibo; non include l’immagine distorta del corpo o l’immagine corporea (come accade nell’anoressia nervosa e nella bulimia nervosa). Il disturbo di assunzione di cibo evitante/restrittivo inizia tipicamente durante l’infanzia, ma può svilupparsi a qualsiasi età. Questo disturbo può inizialmente assomigliare al mangiare in maniera schizzinosa che è comune durante l’infanzia, quando i bambini si rifiutano di mangiare determinati alimenti o cibi di certi colori, consistenza o odore. Tuttavia, tale scrupolosità nella scelta del cibo, a differenza del disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo, di solito coinvolge solo pochi prodotti alimentari, e l’appetito del bambino, l’assunzione alimentare complessiva e la crescita e lo sviluppo sono normali.

I pazienti con assunzione di cibo evitante/restrittivo non possono mangiare perché perdono interesse nel mangiare o perché temono che il mangiare possa portare a conseguenze dannose come soffocamento o vomito. Possono evitare determinati alimenti a causa delle loro caratteristiche sensoriali (p. es., colore, consistenza, odore).

Tra le  principali cause  del disturbo da Assunzione di cibo Evitante/Restrittivo possiamo segnalare;

Cause  Ambientali

  • Ansia familiare
  • Genitori con disturbo alimentare

Cause genetiche e fisiologiche

  • Problemi gastrointestinali;
  • Reflusso gastro-esofageo;

 

I principali sintomi  del disturbo da   Assunzione di cibo Evitante/Restrittivo sono;

  • Significativo deficit nutrizionale
  • Significativa perdita di peso
  • Funzionamento psicosociale marcatamente disturbato
  • Uso di supplementi nutrizionali orali

 

 

Diagnosi di disturbo da Assunzione di cibo Evitante/Restrittivo; I criteri di riferimento per diagnosticare  disturbo da assunzione di cibo evitante/restrittivo citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

A Un’anomalia dell’alimentazione e della nutrizione (ad es. assenza di interesse per l’alimentazione o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo) che si manifesta attraverso una persistente incapacità di assumere un adeguato apporto nutrizionale e/o energetico associata con una o più delle seguenti:

 

  • Significativa perdita di peso o nei bambini incapacità a raggiungere il peso relativo alla
 crescita
  • Significativa carenza nutrizionale
  • Dipendenza dalla nutrizione enterale o da supplementi nutrizionali orali
  • Marcata interferenza col funzionamento psicosociale

B  Il disturbo non è connesso con la mancanza di cibo o associato a pratiche culturali.
C Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di anoressia o bulimia nervosa e non vi è evidenza di anomalia nel modo in cui è percepito il peso e la forma del proprio corpo.
D  L’anomalia non è meglio attribuibile a una condizione medica o ad un altro disturbo mentale. Se il disturbo alimentare si manifesta nel corso di un altro disturbo, la sua importanza supera quella del disturbo di base e richiede attenzione clinica.

 

 

 

  • DISTURBI DELL’UMORE

 

 

I disturbi dell’umore sono un’insieme di sindromi chiamate anche “disturbi affettivi” nei quali il paziente vive una grave alterazione del tono dell’umore. Per poter parlare di disturbi dell’umore è necessario che l’alterazione sia duratura nel tempo, che interferisca sulle normali funzioni sociali e lavorative della persona. Sono sindromi psicopatologiche caratterizzate da un’alterazione dei meccanismi fisiologici di oscillazione del tono dell’umore che normalmente permettono all’individuo di adeguare le proprie reazioni alle condizioni dell’ambiente che lo circonda.

 

La sintomatologia dei disturbi dell’umore :

I disturbi dell’Umore possono essere distinti in  Disturbi Depressivi caratterizzati da una  sintomatologia che consta di ;

  • Sentimenti di profonda tristezza
  • Senso di colpa ed apprensione
  • Sensazione che nulla abbia più valore
  • Tendenza all’isolamento e all’apatia
  • Perdita di interesse e di piacere nelle attività quotidiane
  • Disturbi del sonno
  • Scarso desiderio sessuale

Disturbi dell’umore di tipo bipolare caratterizzati  dall’alternarsi di episodi depressivi a fasi con umore marcatamente euforico o irritabile presentano una  sintomatologia che consta di ;

  • Aumento del livello di attività in ambito lavorativo, sociale o sessuale
  • Loquacità insolita o eloquio rapido
  • Impressione soggettiva che i pensieri si succedano velocemente
  • Diminuito bisogno di sonno,
  • Elevata autostima
  • Facile distraibilità,
  • Eccessivo coinvolgimento in attività piacevoli potenzialmente dannose.

Le ipotesi che tentano di spiegare le cause  che concorrono a generare un disturbo dell’umore si dividono in ipotesi biologiche e psicologiche.

Le ipotesi biologiche  sostengono l’idea che in alcuni soggetti sia presente una particolare vulnerabilità dei sistemi biochimici su base genetica oppure in relazione ad alterazioni neurotrasmettitoriali, in particolare del sistema noradrenergico e serotoninergiuco; tale vulnerabilità, sulla spinta di fattori ambientali, darebbe luogo a quadri clinici depressivi, maniacali o misti.

Le ipotesi Psicologiche ritengono che disturbi dell’umore sia generati da rappresentazioni mentali “negative” che l’individuo ha di se stesso, gli altri ed il mondo e che ne guidano pensieri e comportamenti (ipotesi cognitiva) oppure hanno messo in relazione la depressione con esperienze di perdita in età infantile (ipotesi psicoanalitica).

 

 

DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE

La depressione è una patologia psichiatrica piuttosto diffusa che può interessare  gli adulti i giovani gli  anziani e  i bambini. É possibile quindi affermare che la depressione è un disturbo altamente diffuso tra la popolazione generale e quindi molto ben conosciuto. Sembra, infatti, che ne soffra dal 10% al 15% della popolazione, con una frequenza maggiore tra le donne. I soggetti affetti da tale patologia   avvertono  una forma di tristezza tanto grave o persistente da interferire con il funzionamento della vita, manifestano una crescente perdita d’interesse o di piacere nelle attività.  Il paziente può manifestare un episodio singolo di Depressione Maggiore (della durata di almeno 2 settimane) o avere la ricorrenza di più episodi (Depressione Maggiore Ricorrente). Il Disturbo Depressivo Maggiore può manifestarsi con diversi livelli di gravità. Alcune persone presentano sintomi depressivi di bassa intensità, legati ad alcuni momenti del proprio ciclo di vita, mentre altre si sentono così depresse da non riuscire a svolgere le normali attività quotidiane. É importante sottolineare che la  La depressione è un   disturbo del tono dell’umore. Quest’ultimo può essere definito  come una  funzione psichica importantissima nei processi di adattamento. Tale funzione psichica ha la caratteristica di essere flessibile, vale a dire flette verso l’alto quando ci troviamo in situazioni positive e favorevoli mentre, invece, flette verso il basso nelle situazioni negative e spiacevoli. Nella depressione il tono dell’umore perde la sua flessibilità, si fissa verso il basso e non è più influenzabile da situazioni esterne favorevoli.

 

Le cause della Depressione Maggiore; le cause della depressione sono riassumibili in tre fattori:

 

Fattori biologici che si riferiscono alle alterazioni a livello neurotrasmettitoriale, ormonale e nel sistema immunitario. Ad esempio alterazioni nella regolazione dei neurotrasmettitori quali noradrenalina e serotonina, alterando la trasmissione degli impulsi nervosi possono incidere sull’iniziativa del soggetto, sul sonno, sul rimuginio e nelle interazioni con gli altri.

Fattori psicologici e sociali tra i quali gli  eventi di vita stressanti sono stati ben riconosciuti come fattori precipitanti gli episodi depressivi, tra questi vi possono essere lutti, conflitti interpersonali e familiari, malattie fisiche, cambiamenti di vita, essere vittima di un reato, separazioni coniugali e dai figli. Tra questi eventi possiamo trovare anche cambiamenti nelle condizioni lavorative o l’inizio di un nuovo tipo di lavoro, la malattia di una persona cara, gravi conflitti familiari, cambiamenti nel giro di amicizie, cambiamenti di città, ecc. Questi eventi possono essere maggiormente impattanti in persone che hanno avuto esperienze infantili avverse e che mancano quindi di abilità per affrontarli efficacemente.

Fattori genetici e fisiologici è stato riscontrato che i  familiari di primo grado di individui con depressione maggiore hanno un rischio di sviluppare il disturbo da due a quattro volte maggiore rispetto alla popolazione generale. Ad essere ereditata geneticamente è la predisposizione a sviluppare il disturbo non il disturbo vero e proprio.

La sintomatologia che caratterizza il Disturbo depressivo maggiore consta di ;

Sintomi cognitivi della depressione

  • Una ridotta capacità di concentrarsi o prendere anche piccole decisioni, dove vi può essere distraibilità o difficoltà di memoria.
  • Una tendenza molto forte a incolparsi,  svalutarsi, sentirsi indegno. Le ruminazioni su piccoli errori passati sono all’ordine del giorno e gli eventi quotidiani neutri o banali vengono interpretati come prova di difetti o mancanze personali.

Sintomi affettivi della depressione

  • Generalmente chi soffre di  depressione maggiore mostra un umore depresso, una marcata tristezza quasi quotidiana, tanto che l’umore ed i pensieri sono sempre negativi. Sembra che vi sia un vero e proprio dolore di vivere, che porta non riuscire a godersi più nulla.
  • La  perdita di piacere nello svolgere hobby o attività che prima erano attivamente ricercate è una caratteristica sempre presente nei disturbi depressivi. Vi può essere ritiro sociale, abbandono delle occupazioni piacevoli o diminuzione del desiderio sessuale

Sintomi volitivi/motivazionali della depressione

  • Una forte affaticabilità, per cui la persona si sente spossata e stanca anche in assenza di attività motoria. I  compiti piu ‘ semplici sembrano richiedere uno sforzo enorme e può essere ridotta l’efficienza nel loro svolgimento (ad esempio un individuo può lamentarsi del fatto che fare colazione sia faticoso e richieda il doppio del tempo rispetto al solito).

Sintomi comportamentali della depressione

  • Un appetito aumentato o diminuito.
  • Un aumento o una diminuzione del sonno. Alcune persone possono svegliarsi presto, a altri arrivano a dormire troppo (ipersonnia).
  • Un importante  rallentamento motorio che si può manifestare come maggiore lentezza nel fare le cose, nell’eloquio, pensieri e movimenti del corpo rallentati, o, al contrario, una forte agitazione in cui non si riesce a stare  seduti e si palesano atteggiamenti di irrequietezza

Sintomi fisici della depressione

  • Mal di testa , palpitazioni o tachicardia, dolori muscolari, alle ossa, alle articolazioni e addominali. Le persone possono avere la sensazione di avere la testa confusa o vuota. Talvolta vi può essere stipsi o diarrea.

Diagnosi di disturbo da Depressione Maggiore; I criteri di riferimento per diagnosticare il disturbo di  Depressione Maggiore citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

 

A : Almeno 2 settimane durante cui sono presenti 5 o più sintomi tra

  • umore depresso per maggior parte del giorno (necessario)
  • marcata perdita di interesse o piacere per quasi tutte le attività
  • significativa perdita di peso o aumento di peso
  • Insonnia o ipersonnia

B: I sintomi causano disagio significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo

C: I sintomi non sono dovuti a effetti fisiologici diretti di sostanza (es. droghe), farmaci (es. interferon) o condizioni mediche generali (es. ipotiroidismo, anemia, disendocrinie)

 

 DEPRESSIONE POST PARTUM

 

La depressione post partum è a tutti gli effetti una depressione unipolare che insorge da un mese a un anno dopo la nascita del bambino.  I segnali e i sintomi che devono far sospettare la presenza della depressione post partum, sono del tutto sovrapponibili a quelli della depressione unipolare. É importante che la donna sappia interpretare le proprie sensazioni e reazioni psichiche dopo la nascita del bambino, in maniera tale da comprendere  se si sta attraversando un comune “baby blues”, che si risolverà da solo in poco tempo, o se si può trattare di una vera  depressione post partum

Si rende necessario a questo punto fare una distinzione tra il fenomeno del “baby blues”e la “depressione post partum”.

Il “baby blues” e’ u n malessere fisiologico che spesso si manifesta dopo la nascita del bambino e che generalmente comprende sbalzi d’umore e crisi di pianto che si risolvono rapidamente. È importante identificare i baby blues perché nel 20% dei casi i sintomi evolvono in una vera e propria depressione post-partum entro un anno dal parto (generalmente esordisce a 3-4 settimane e si fa più grave a partire dal 4°-5° mese.)

 

La “depressione post partum” al contrario è una forma una più severa e duratura di depressione.

 

Le Cause che possono dare origine alla Depressione Post-Parto sono suddividibili  in  fattori fisici,  stile di vita e   stato emotivo.

 

Cambiamenti fisici: dopo la nascita del proprio bambino, una drammatica discesa dei livelli ormonali (estrogeni  e progesterone) può contribuire alla depressione post-parto. Altri ormoni prodotti dalla ghiandola tiroidea  possono diminuire drasticamente, lasciando una sensazione di stanchezza, pigrizia e depressione. I cambiamenti nel volume sanguigno, nella pressione, nel sistema immunitario, nel metabolismo  rappresentano ulteriori fattori che possono portare agli sbalzi d’ umore e alla stanchezza.

 

Fattori emotivi:  inseguito al parto e quindi al cambiamento delle proprie abitudini e del proprio ritmo del sonno è possibile che la donna si senta  stanca  e assonnata,    tanto che  possono risultare di difficile risoluzione anche i piccoli problemi quotidiani.  La neo mamma può arrivare a  mettere in  discussione le proprie capacità di prendersi cura del neonato, può sentirsi meno attraente o in lotta con il proprio senso di identità ,può provare la sensazione di avere perso il controllo della propria vita.

 

Influenza dello stile di vita: come già detto l’arrivo di una bambino grande fonte di gioia, porta dei cambiamenti e delle nuove preoccupazioni alla neo mamma, che vanno ad incidere sull’insorgenza della depressione; ad esempio problematiche legate  all’allattamento al seno, la presenza di figli maggiori da accudire,  i problemi finanziari e la mancanza di sostegno da parte del partner o di altre persone care.

 

I Fattori di Rischio che possono favorire la comparsa della Depressione Post-Parto sono;

  • Depressione regressa , sia durante una precedente gravidanza, sia in altri periodi della vita
  • Presenza di eventi stressanti durante l’anno passato, quali complicazioni di gravidanza, una malattia o la perdita di posti di lavoro
  • Problemi nella relazione con il proprio partner
  • Problemi finanziari
  • La gravidanza non è stata programmata o è indesiderata

 

I principali sintomi  della depressione post partum sono ;

  • sentimenti di tristezza
  • Senso di colpa
  • Ansia
  • Senso di inutilità
  • Difficoltà a concentrarsi e a prendere decisioni anche banali
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi dell’appetito
  • Pensieri suicidari o di morte
  • Perdita di interessi e mancanza di energie

Diagnosi di depressione post parto ; la depressione post partum non ha un’entità propria
all’interno del DSM-V in quanto viene considerata come un episodio depressivo maggiore
con inizio nel periodo perinatale.

 

 

DEPRESSIONE MASCHERATA

La depressione mascherata appartiene al quadro clinico dei disturbi dell’umore ed è caratterizzata principalmente da sintomi fisici persistenti e continuativi, in assenza di uno stato manifesto di sofferenza psichica: i pazienti lamentano malesseri e algie pervasive ed intense tali da rivolgersi al medico di base il quale, per comprenderne l’origine, prescrive spesso valutazioni diagnostiche più approfondite. Se queste manifestazioni non sono giustificate da eventi specifici (un trauma, un’indigestione, uno sforzo muscolare ecc.), dalla presenza di patologie (per esempio, un’ulcera, una colite, un’artrosi o un difetto del sistema dell’equilibrio) o da alterazioni metaboliche evidenziabili e/o non rispondono alle terapie comunemente utilizzate per contrastarle ed efficaci nella maggior parte delle persone, molto probabilmente a determinarle è, in tutto o in parte, un disturbo dell’umore. Chi soffre di depressione mascherata tende a riflettere sul proprio corpo tutti i suoi disagi inconsci perché non è in grado di esprimerli o riconoscerli altrimenti.

 

La causa principale che  contribuisce all’insorgenza della depressione mascherata  è il blocco dell’emotività, non bisogna intendere il malessere fisico come qualcosa di slegato dall’emotività; ogni somatizzazione porta, spesso, con sé un dolore profondo interiore  che può essere palesato solo attraverso il corpo. L’ ottica con cui  va interpretata la depressione mascherata è riassumibile con “non posso permettermi di proferire la mia sofferenza, allora lascio che sia il corpo a parlare al mio posto”, ciò si manifesta attraverso un processo di somatizzazione che va saputo leggere e decodificare.

 

I principali sintomi  fisici della depressione  mascherata sono ;

  • Insonnia
  • Mal di testa
  • Vertigini
  • Disturbi digestivi
  • Crampi addominali
  • Alterazioni della funzionalità intestinale
  • Dolori osteomuscolari generalizzati
  • Mal di schiena
  • Cervicalgia
  • Contratture muscolari
  • Stanchezza psicofisica persistente

I principali sintomi  psicologici della depressione  mascherata sono ;

  • Ansia e/o dissociazione
  • Bassa autostima
  • Rimuginazione costante sul proprio stato di salute
  • Paura di morire
  • Sentimenti di tipo depressivo in funzione della sintomatologia somatica
  • Difficoltà ad affrontare le situazioni e tendenza alla procrastinazione
  • Ipocondria
  • Basse capacità introspettive
  • Incapacità di accedere ai propri stati interiori
  • Preoccupazione e sconforto

 

Alcuni segnali da  tener conto per emettere la diagnosi di depressione mascherata sono;

  • Presenza in famiglia di altre persone con storia di depressione o disturbi somatoformi.
  • Tendenza a presentare disturbi fisici più intensi durante periodi di stress.
  • Andamento ciclico dei sintomi fisici, con remissioni stagionali e spontanee.
  • Presenza di una storia di disturbi dell’umore.
  • Risposta positiva al trattamento con farmaci antidepressivi.
  • Sentimenti di tipo depressivo collegati ai disturbi fisici lamentati.

 

 

Diagnosi di depressione mascherata; La depressione mascherata è un tipo di depressione che il DSM-V classifica tra i disturbi somatomorfi. Essa infatti è una depressione atipica caratterizzata da sintomi somatici di varia natura che non vengono associati dal soggetto a umore malinconico

 

DISTURBO DA DISREGOLAZIONE DELL’UMORE DIROMPENTE

 

 

Il  disturbo da disregolazione dell’umore dirompente  è  un disturbo che interessa la neuropsichiatria infantile e che può essere diagnosticato in bambini e adolescenti. E’ caratterizzato da due principali manifestazioni psicopatologiche che sono, umore irritabile persistente e forti crisi di rabbia (almeno 3 a settimana) che devono essere presenti da almeno un anno . Nei bambini e negli adolescenti affetti da tale patologia è possibile rintracciare episodi caratterizzati da estremo discontrollo comportamentale, alla cui base è però possibile rintracciare una chiara componente legata all’umore.

 

Le cause del   disturbo da disregolazione dell’umore sono ancora sconosciute. É possibile però evidenziare alcune caratteristiche che contraddistinguono i bambini affetti da tale disturbo, Questi bambini  mostrano difficoltà nell’elaborare e gestire gli stimoli emotivi negativi e le esperienze sociali nella vita di tutti i giorni, tendono a giudicare male la manifestazione emotiva negativa degli altri, come i sentimenti di tristezza, paura e rabbia. Attraverso la risonanza magnetica alcuni studi hanno suggerito che, associato a questi problemi di interpretazione, ci sia una scarsa attivazione dell’amigdala, l’area del cervello che gioca un ruolo fondamentale nell’interpretazione e nell’espressione delle emozioni. Deficit nell’interpretazione dei segnali sociali potrebbe predisporre il bambino a rispondere con rabbia o aggresività anche per semplici provocazioni. E’ possibile affermare che i bambini con disturbo da disregolazione dell’umore dirompente siano più fortemente influenzati dagli eventi negativi rispetto agli altri.

 

I principali sintomi del  disturbo da disregolazione dell’umore sono;

  • Umore irritabile duraturo e costante
  • Gravi crisi di rabbia sproporzionate al contesto e all’età
  • Aggressivitàverbale
  • Aggressività comportamentale
  • Persistente irritabilità

Diagnosi di disturbo da disregolazione dell’umore ; I criteri di riferimento per diagnosticare il disturbo di  disregolazione dell’umore citati dal DSM5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition) sono i seguenti:

 

A  Gravi e ricorrenti esplosioni di rabbia manifestate verbalmente (ad es. urla, grida e pianti) e fisicamente (ad es. aggressioni fisiche a persone o a oggetti) che sono decisamente sproporzionate sia come durata che come intensità rispetto alla situazione o alla provocazione.

 

 B Le esplosioni di rabbia sono incoerenti rispetto all’età dello sviluppo.

 

C  Le esplosioni di rabbia si manifestano, in media, tre o più volte a settimana.

D L’umore tra una crisi e l’altra è persistentemente irritabile o arrabbiato per la gran parte della giornata, quasi ogni giorno, ed è osservabile dall’esterno (ad es. genitori, insegnanti e amici).

 

E I criteri dalla A alla D devono essere presenti da almeno 12 mesi. E non deve esserci stato un periodo di almeno 3 mesi in cui non siano soddisfatti tutti i criteri, dalla A alla D.

 

F I criteri A e D sono presenti almeno in  due o tre contesti (ad es. a casa, a scuola o con gli amici) e in almeno uno di questi contesti i sintomi sono gravi.

 

G La diagnosi non dovrebbe essere fatta prima dei 6 anni e dopo i 18 anni di età.

 

H L’età di insorgenza dei criteri dalla A alla E deve avvenire prima dei 10 anni di età.

 

I Non deve esserci mai stato un periodo di tempo di più di un giorno in cui sono soddisfatti i criteri (a parte la durata) di episodio maniacale o ipomaniacale.

 

J  I comportamento non si manifestano esclusivamente durante un episodio di depressione maggiore e non sono meglio spiegati da un’altro disturbo mentale (per es. disturbi dello spettro psicotico, disturbo post traumatico, disturbo d’ansia da separazione, disturbo depressivo persistente).

 

 K I sintomi non sono attribuibili a effetti fisiologicidi sostanze o altre terapie mediche o da condizioni neurologiche.

 

 DISTURBO DEPRESSIVO INDOTTO DA SOSTANZE/FARMACI

 

Un disturbo depressivo può insorgere anche in una persona che non ha mai sofferto di disturbi dell’umore o di altre patologie psichiatriche in seguito all’assunzione o all’interruzione  di alcuni farmaci o sostanze psicoattive oppure in concomitanza con specifiche condizioni cliniche, perlopiù di natura neurologica (demenze, malattia di Parkinson ecc.), autoimmunitaria (sclerosi multipla, psoriasi, lupus eritematoso sistemico ecc.), metabolica (diabete ecc.), endocrinologica (alterazioni tiroidee, disturbi dell’ovulazione ecc.) e oncologica, oppure associate a dolore, disabilità fisica e complessiva riduzione della qualità della vita. Tra i farmaci e le sostanze che possono indurre quadri depressivi più o meno importanti vanno ricordati: gli oppioidi, utilizzati sia a scopo antalgico sia nel contesto di comportamenti d’abuso; i sedativi, gli ipnotici e gli ansiolitici; i cortisonici e i farmaci attivi sul sistema immunitario (immunomodulanti e immunosoppressori); gli steroidi e altre terapie ormonali (compressi gli anticoncezionali ormonali); gli antibiotici e gli antivirali sistemici; la cocaina, le anfetamine e altri stimolati del sistema nervoso centrale (in questo caso, la depressioni compare essenzialmente dopo interruzione dell’assunzione); la levodopa, utilizzata nel trattamento della malattia di Parkinson; la fenciclidina e altri allucinogeni; l’alcol. È, inoltre, possibile che sostanze innocue dal punto di vista psichiatrico per la maggior parte delle persone possano indurre un disturbo depressivo più o meno importante in soggetti particolarmente sensibili o predisposti. Per stabilire che il disturbo depressivo riscontrato è correlato all’uso di farmaci o sostanze è necessario evidenziare una chiara relazione tra assunzione/interruzione del farmaco/sostanza e una riduzione del tono dell’umore e dell’interesse clinicamente rilevante, accompagnata dagli altri sintomi caratteristici dell’episodio depressivo. Riconoscere un farmaco/sostanza o una condizione clinica specifica all’origine del disturbo depressivo è fondamentale per impostare un trattamento adeguato. In tutti casi in cui sia possibile, l’esposizione alla sostanza scatenante dovrà essere sospesa e il farmaco sostituito con alternative meglio tollerate oppure se ne dovrà ottimizzare il dosaggio in modo da bilanciare obiettivi clinici ed effetti collaterali. Qualora non vi siano rimedi alternativi efficaci per il controllo della patologia di base e più innocui sul piano psichiatrico, sarà necessario individuare trattamenti farmacologici mirati, in grado di attenuare i sintomi depressivi senza interferire eccessivamente con il quadro clinico generale e con il controllo della patologia specifica.

 

Una delle cause che è alla base dell’insorgenza  del  disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci è l’assunzione o l’interruzione dell’assunzione/astinenza di alcuni farmaci o sostanze psicoattive.

 

 Principali sintomi del  disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci sono;

  • Calo del tono dell’umore
  • Calo delle prestazioni cognitive
  • Rallentamento dei riflessi
  • Riduzione delle capacità di concentrazione
  • Insonnia
  • Calo dell’ interesse nelle attività che di norma procuravano piacereLe patologie neurologiche più diffuse che frequentemente esordiscono o si associano secondariamente a sintomi depressivi sono:

 

  • la malattia di Parkinson
  • il declino cognitivo lieve
  • la malattia di Alzheimer
  • le demenze senili in genere

Alla base del legame tra patologia neurologica e disturbo dell’umore c’è la parziale sovrapposizione dei circuiti cerebrali che controllano l’affettività, la memoria, le prestazioni cognitive, le reazioni comportamentali, il sonno, l’appetito e i movimenti muscolari, e il coinvolgimento di alcuni neurotrasmettitori comuni, in particolare serotonina, noradrenalina e dopamina. Questa stretta interdipendenza, che generalmente complica la diagnosi iniziale, si rivela in alcuni casi positiva all’atto del trattamento. Nel caso della malattia di Parkinson, per esempio, è stato osservato che, somministrando un farmaco antidepressivo in aggiunta alla terapia antiparkinson specifica, nei pazienti che presentano un calo del tono dell’umore si ottiene, non soltanto un maggior benessere psicoemotivo, ma anche un miglioramento della funzionalità fisica generale.

In altri casi, la depressione può comparire come effetto dello stress e della riduzione della qualità di vita determinata dalla presenza di una patologia cronica invalidante o che in qualche misura limita il paziente nelle proprie attività quotidiane (come la sclerosi multipla, lo scompenso cardiaco, l’angina, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’asma severa ecc.) oppure caratterizzata da una prognosi incerta o sfavorevole (per esempio, una neoplasia). Anche in questi casi, riconoscere i sintomi depressivi e trattarli fin dall’esordio è importante non soltanto per migliorare il tono dell’umore del paziente, ma anche per sostenerne la motivazione e l’aderenza alle terapie necessarie per controllare la malattia organica di base, ottimizzandone l’efficacia.

Dovendo essere somministrata a soggetti complessivamente fragili e che già assumono diversi altri farmaci, la terapia antidepressiva dovrà essere definita con particolare attenzione e cautela.

 

Diagnosi di disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci ;  Per giungere a diagnosticare tale disturbo è necessario stabilire che il disturbo depressivo riscontrato è correlato all’uso di farmaci o sostanze è necessario evidenziare una chiara relazione tra assunzione/interruzione del farmaco/sostanza e una riduzione del tono dell’umore e dell’interesse clinicamente rilevante, accompagnata dagli altri .sintomi depressivi dell’episodio depressivo.

 

 

 

  • DISTURBI DEL SONNO

I disturbi del sonno possono essere definiti come un  un gruppo di patologie che possono alterare le caratteristiche e la ritmicità del normale ciclo di sonno e veglia, compromettendo la solidità e continuità del sonno notturno con possibili ripercussioni sulle attività diurne. L’individuo che  soffre del  disturbo del sonno deve affrontare una problematica persistente, come non riuscire a dormire, avere sempre sonno, non riuscire a riposare pur dormendo. Queste situazioni possono rendere la vita della persona stressante ed estenuante.Molte persone non sanno come affrontare questi disturbi né tanto meno come risolverli. 

Quattro sono le  categorie dei disturbi del sonno che vengono prese in considerazione dalla classificazione proposta dalla American Accademy of Sleep Medicine (AASM):

•  Disturbi dell’inizio e del mantenimento del sonno o insonnie;

  • Disturbi da eccessiva sonnolenza o ipersonnie;
  • Disturbi del ritmo sonno-veglia;
  • Disturbi associati al sonno, a stadi del sonno o a risvegli parziali, complessivamente chiamati parasonnie.

Le cause alla base del disturbo del sonno sono;

 

•   Lo stress quotidiano ( proprio nella tranquillità della notte molte persone iniziano a rimuginare sui problemi avuti durante la giornata stando svegli fino all’alba)

  • Gli stati Depressivi

•  Paura e panico generano irrequietezza ( Se si manifestano prima di andare a letto, a prescindere dal motivo, la persona è così agitata e impegnata a cercare di calmarsi, che non riesce a prendere sonno)

•  Le dipendenze (consumo eccessivo di alcol, abuso di farmaci e eccessiva nicotina)

•  Le malattie circolatorie ( Se la pressione è troppo alta o troppo bassa, spesso ne risente la qualità del sonno)

•  Gli ormoni devono funzionare bene (Spesso in presenza di stress vengono prodotti ormoni che hanno un effetto negativo sull’organismo e che possono essere responsabili dei problemi di sonno. Il metabolismo reagisce e si fa carico dei disturbi funzionali che provocano dolore, come ad esempio il mal di pancia o i problemi digestivi e anche questo può portare all’insonnia)

  • Cattiva respirazione (i problemi derivano per esempio dal russare, dalle vie respiratorie intasate o dall’apnea notturna, ossia dalla mancanza di respiro durante il sonno. La persona che ne è colpita si sveglia in continuazione e fa fatica a riaddormentarsi, così di mattina non è assolutamente riposata e si sente esausta)

 

I sintomi che caratterizzano il   disturbo del sonno sono;

  • L’Insonnia;  il disturbo del sonno più frequente. Coloro che ne soffrono non sono in grado di prendere sonno o di riuscire a dormire un numero sufficiente di ore. A seconda del suo modo di presentarsi, si distingue una insonnia iniziale con difficoltà a cominciare il sonno; un’insonnia intermittente caratterizzata da frequenti risvegli; ed una insonnia terminale caratterizzata dal risveglio precoce, con l’incapacità di riprendere il sonno. Se l’insonnia dura solo pochi giorni è insonnia transiente, se la durata è all’incirca di un mese è una insonnia acuta, ma se supera il mese diviene insonnia cronica.
  • L’Ipersonnia; è diametralmente opposta all’insonnia e consiste, come indica il termine, in un’eccessiva sonnolenza diurna punteggiata anche da brevi intrusioni di fasi di sonno , e per il fatto di essere incontrollabile assume carattere gravemente disturbante incidendo negativamente nel corso delle attività di veglia.
  • La Narcolessia; (o malattia del sonno), che è basata su un’alterazione dei centri nervosi per la regolazione del ritmo sonno-veglia, e può essere accompagnata da sintomi imponenti quali cataplessia (ossia perdita delle forze tanto da non riuscire a restare in piedi a seguito di emozioni), allucinazioni ipnagogiche simili a sogni ad occhi aperti e paralisi del sonno che compaiono prima di addormentarsi o dopo il risveglio. Caratteristica peculiare della narcolessia è la comparsa del sonno di fase REM già 15 minuti dopo l’addormentamento e che tale permane per la maggior parte del tempo; a ciò consegue il mancato raggiungimento del sonno profondo, per cui il cervello non riposa a sufficienza.
  • La sindrome delle gambe senza riposo;è un disagio causato da un’intensa irrequietezza motoria alle gambe, legata al tentativo di alleviare sgradevoli sensazioni di brivido o di formicolio, che impedisce al paziente di iniziare il sonno notturno e determina in tal modo una marcata sonnolenza diurna.
  • La sindrome delle apnee notturne; può essere causata sia da patologia ostruttiva bronchiale oppure verificarsi quando il sistema nervoso centrale interrompe lo stimolo a respirare; allora l’individuo è costretto a svegliarsi di continuo per ricominciare a respirare, e per questa ragione lamenta una eccessiva sonnolenza diurna
  • Le Parasonnie; si intendono un certo numero di disordini del sonno, generalmente contraddistinti da disturbi della fase REM e caratterizzati da un risveglio di soprassalto. Ciò può essere dovuto al sopravvenire di un incubo, a cagione del quale il soggetto muove il proprio corpo per assecondare ciò che sta sognando, oppure a sonnambulismo, o a comportamento violento durante il sonno
  • I disturbi del ritmo sonno-veglia; Il sonno e la veglia costituiscono un tipico esempio di variazioni circadiane che sono abitualmente sincronizzate su ritmi di 24 ore da strutture nervose differenti, i cosiddetti oscillatori interni, che risentono dell’influenza di fattori ambientali (prevalentemente il contatto sociale e il ciclo luce-buio). In condizioni di completo isolamento (come accade ad esempio per gli astronauti o per coloro che fanno lavoro notturno a rotazione) viene meno l’azione dei sincronizzatori ambientali per cui gli oscillatori interni tendono ad assumere ritmi diversi da quello di 24 ore e possono desincronizzare talune funzioni biologiche, tra cui il ritmo sonno-veglia. Come conseguenza il soggetto non riesce a dormire quando lo desidera o quando sarebbe tenuto a farlo.

Le principali conseguenze della deprivazione del sonno sono;

  • Astenia, ossia una stanchezza significativa;
  • Disturbi dell’Attenzione, della concentrazione e della memoria, soprattutto sul lavoro;
  • Eccessiva sonnolenza diurna;
  • Disturbo dell’Umore;
  • Ansia e facile Irritabilità.

Diagnosi di disturbo del sonno;secondo il DSM-5 ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition ) si può diagnosticare tale disturbo se i pazienti manifestano

 

A. Viene riferita una predominante insoddisfazione riguardo la quantità o la qualità del sonno, associata a uno (o più) dei seguenti sintomi: Difficoltà a iniziare il sonno (nei bambini, questa può manifestarsi come difficoltà a iniziare il sonno senza l’intervento della persona che se ne prende cura).Difficoltà a mantenere il sonno, caratterizzata da frequenti risvegli o problemi a riaddormentarsi dopo essersi svegliati (nei bambini, questa può manifestarsi come difficoltà di riaddormentarsi senza l’intervento della persona che se ne prende cura).Risveglio precoce al mattino con incapacità di riaddormentarsi.  
B. L’alterazione del sonno causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, scolastico, universitario, comportamentale o in altre aree importanti.  
C. La difficoltà del sonno si verifica almeno 3 volte a settimana.  
D. La difficoltà del sonno persiste per almeno 3 mesi.  
E. La difficoltà del sonno si verifica nonostante adeguate condizioni per dormire.  
F. L’insonnia non è meglio spiegata da, e non si verifica esclusivamente durante il decorso di, un altro disturbo del ritmo sonno-veglia (per es. narcolessia, un disturbo del sonno correlato alla respirazione, un disturbo circadiano del ritmo sonno veglia, una parasonnia).  
G. L’insonnia non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (cioè una sostanza di abuso, un farmaco).  
H. Disturbi mentali e condizioni mediche coesistenti non spiegano adeguatamente il disturbo predominante di insonnia.